«Sarei privilegiata di poter dire sono italiana come Dmytro Nikolayev . Non capisco cosa si aspetti a riconoscergli la cittadinanza. Stiamo parlando di una firma su un pezzo di carta, la cui richiesta è partita 6 anni fa . Ora spero solo che il sindaco Luigi Brugnaro, che ha un ruolo in un partito nazionale, possa riaccendere una luce sulla vicenda. Mio padre ci teneva tanto». A parlare è Barbara Nino, la figlia dell’automobilista allora 72enne che nel novembre del 2015, dopo esser stato colto da un malore mentre guidava la sua Audi in centro a Mestre, fu salvato da un giovane cittadino ucraino che passava di là per andare a consegnare delle pizze come rider per conto di un locale.
L’intervento per salvare l’automobilista che aveva avuto un malore
Dmytro Nikolayev aveva poco più di 20 anni. Non esitò un attimo a scendere dal motorino , togliersi il casco e chinarsi su quell’uomo, Bruno Nino, per provare a rianimarlo. «La fortuna ha voluto che Dmytro avesse concluso proprio in quei giorni un corso per diventare bagnino, dove aveva imparato alcune tecniche di salvataggio - ricorda Barbara - Non si è spaventato, non ha esitato. Forse altri al posto suo si sarebbero dileguati e invece lui si è dato da fare con tutte le sue forze e per mezz’ora ha continuato a rianimare mio papà senza fermarsi, fino all’arrivo dei soccorsi. Se mio padre all’epoca restò vivo fu grazie alla forza e alla determinazione di questo ragazzo» .
La richiesta per riconoscergli la cittadinanza italiana: istruttoria ferma
Bruno e Barbara, finita la riabilitazione di Bruno all’inizio del 2016, avevano preso una decisione, quella di presentare al Prefetto una richiesta per far sì che venisse riconosciuta la cittadinanza italiana al giovane ucraino. La pratica, iniziata anche con il coinvolgimento del Comune, oltre che dell’Ufficio scolastico regionale, era stata portata avanti come domanda «per merito» . A novembre del 2019 Dmytro si era presentato in Questura a Venezia per sostenere il colloquio necessario a far andare avanti l’istruttoria, ma poi non ha saputo più nulla, neppure quando è tornato agli uffici della polizia l’anno dopo.Tutto sembra essersi bloccato, forse anche a causa del Covid . Per questo ora Barbara, che ha perso suo padre nel frattempo, torna a chiedere di riaccendere un faro sulla vicenda, anche a nome di Bruno che ci teneva tanto .
Comune e Prefettura in campo, la figlia dell’uomo salvato: «Se lo merita»
«Faremo le dovute pressioni - assicura l’assessore alla Coesione sociale del Comune, Simone Venturini - Proveremo a raccogliere informazioni perché crediamo che questa istanza sia meritevole di attenzione e vogliamo che il riconoscimento venga portato a termine ». Anche la prefettura ha sollecitato il riconoscimento al dipartimento del ministero dell’Interno. Nessun ostacolo del resto è stato rilevato al momento della deposizione dell’istruttoria. E adesso che sono passati 6 anni dalla richiesta, e 12 da quando Dmytro è residente in Italia, è lui stesso a spiegare che la necessità non è più impellente come qualche anno fa quando, appena diplomato in scienze infermieristiche, avrebbe voluto avere la possibilità di partecipare ai concorsi pubblici. Ora che ha 27 anni e si è iscritto alla facoltà di Odontoiatria all’Università di Padova, se l’obiettivo è quello di intraprendere una professione in ambito privato, la cittadinanza non è più un requisito prioritario . «Mi sento un cittadino italiano a tutti gli effetti», dice. «Arrivò qui con un ricongiungimento famigliare. Era in prima superiore e non sapeva una parola della nostra lingua - dice Barbara - In 4 anni si è diplomato con il 100 e ora studia all’Università continuando a consegnare pizze la sera per non pesare sulla famiglia. È un ragazzo d’oro ».
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