Il mago Casalino non incanta più mentre Conte fa il duro e il Governo scricchiola | l'Eco del Sud

2022-07-15 18:13:49 By : Mr. Sam Ye

Conte se l’è portato dietro come un talismano, una sorta di portafortuna da tenere stretto in una tasca dei pantaloni e da tirare fuori al momento giusto nel farfugliare discorsi o dichiarazioni con parole mangiate e consecutio temporum spesso incerta. Stiamo parlando di Rocco Casalino, l’ingegnere che non ha mai lavorato ma ha saputo elaborare un progetto di comunicazione elettronica (visto che è proprio quello il ramo del suo corso di laurea brillantemente portato a termine), utilizzando le notizie come fari al led, spot da riverberare sull’opinione pubblica col preciso intento di stupire, di catturare l’attenzione come un occhio di bue nella platea di un teatro. Divenuto teatrino della politica a 5 Stelle.

Ora pèrò che Chigi – come definisce Casalino quel nobile Palazzo di piazza Colonna, con sfoggio di civettuola confidenza con il potere – non è più la sua Casa, né tantomeno quella del Grande Fratello che lo ha “formato” come personaggio (o presunto tale): ecco che la diffusione delle notizie segna il passo, con il freno a mano tirato dalla mancanza di potere e senza i bonus di una tempistica bislacca e strampalata – quella notturna – alla quale ci aveva costretto un rivoluzionario stratega della notizia, maltrattata e ridotta a “velina”.

Quel sistema adesso non accende più alcun entusiasmo avendo perso la potenza dei vettori sulla pista di lancio della notizia, assistendo ormai impotente all’oscuramento, lungo i corridoi del Palazzo, delle telecamere “dedicate”, puntate su quella sorta di centometrista che li percorreva col piglio dell’atleta olimpico a cinque cerchi, divenuto poi ufficialmente a 5 stelle.

Per noi non è una scoperta sensazionale perché L’Eco del Sud, pur avvalendosi delle più moderne tecnologie, fonda le proprie credenziali giornalistiche su basi solide, su una tradizione che non è sinonimo di vecchiaia bensì di collaudata esperienza. E di coerenza. Non è un giorno, infatti, che contestiamo il modo assolutamente improprio di indirizzare la notizia in situazioni temporali antitetiche ai meccanismi di produzione della carta stampata che raramente ha avuto modo di poter commentare la notizia “lanciata” a tarda sera, con le prime pagine ancora da aggiornare e l’impossibilità, a quel punto, di poter approfondire la comunicazione di turno con commenti e riflessioni anche ai giornalisti dell’ampio spettro dell’on-line.

Adesso che il ‘Chigi’ casaliniano non c’è più e il Palazzo resta interdetto alle telecamere “dedicate”, la musica è cambiata e, sia pure in maniera asettica, quanto esce non vìola le tempistiche e le esigenze degli organi d’informazione in un Governo che, comunque, sotto l’egida dell’unità nazionale, interpreta in maniera emergenziale le esigenze dei vari partiti. E’ apparso inevitabile come, finiti gli spot e le luci stroboscopiche, il Movimento 5 Stelle si sia ritrovato a fare i conti con la realtà della vita, non solo politica, E qui le crepe si sono aperte come enormi refusi nella comunicazione esterna che ha mostrato tutti i suoi limiti nell’efficacia della diffusione di messaggi smozzicati e mai legati a una linea di condotta coerente e comprensibile.

Casalino di fatto non è mai uscito dalla Casa di quel grande fratello e continua a interpretare le riunioni di Governo come assemblee condominiali con all’ordine del giorno sempre e soltanto una cosa sola: la visibilità. Aspetto che è sicuramente venuto meno a deputati e senatori dei 5Stelle che ancora oggi, nonostante la scissione, occupano in larga misura gli scranni di Monte Citorio e di Palazzo Madama. Difficile schiodarli o che si schiodino da soli, ma con le Amministrative che li hanno massacrati Giggino, dopo aver imparato un po’ d’inglese, si sente nella condizione di fare il ministro degli Esteri e persino di parlare da statista nella veste di neo-leader di Insieme per il Futuro: “Dal Movimento 5 Stelle dicano se sono dentro o fuori; abbiamo bisogno di stabilità e invece ci troviamo nell’ennesima fibrillazione di Governo dove c’è una forza politica, il M5S, che sta generando instabilità e che sta mettendo a repentaglio gli obiettivi che dobbiamo raggiungere per il Paese”.

Draghi, tra una visita e una telefonata a Mattarella, ha cercato di smorzare i toni e di allontanare la crisi senza cedere più di tanto al ricatto grillino. Ma, come vedremo, le cose sono poi precipitate: “Quando ho letto la lettera (quella del Movimento 5 Stelle, ndr) – ha dichiarato il premier – ho trovato molti punti di convergenza con l’agenda di Governo. È stata approvata in Europa la direttiva sul salario minimo, l’Esecutivo intende muoversi in questa direzione”.

La verità è che i grillini non sanno più che pesci prendere. Allora, quale estremo tentativo di recuperare una partita persa, hanno deciso di “buttarla in caciara” come si dice in gergo calcistico: così hanno ufficializzato la crisi, tentando un mini-golpe “per vedere l’effetto che fa”. Dopo aver convocato ieri il Consiglio Nazionale del Movimento sperando di “ricevere delle pronte risposte da Draghi il “prima possibile” per capire se restare al Governo oppure uscire, Giuseppe Conte si è trasformato da pubblico ministero in giudice declamando la sentenza: “I 5Stelle non voteranno la fiducia sul decreto Aiuti”.

E ha dichiarato, al termine di un’estenuante giornata vissuta lungo una riunione in streaming con i gruppi parlamentari: “Il Paese è sul baratro, siamo disponibili al dialogo ma non a cambiali in bianco. Le dichiarazioni di Draghi non bastano, in questa fase qual è il compito di una forza politica responsabile: tacere? O denunciare affinché vengano prese misure strutturali?”.

Dall’opposizione interna al Governo sono arrivate le parole di Matteo Salvini: “Se i 5 Stelle non parteciperanno al voto la maggioranza non c’è più”. Quasi un assist per Giorgia Meloni che ha sintetizzato: “Subito al voto”. Infine, una dichiarazione congiunta di Salvini e Berlusconi ha recitato così: “Prenderemo decisioni comuni”. E, a rafforzare l’asse nell’ipotesi di un voto in autunno dopo le possibili conseguenze dello strappo grillino: “Se il governo cade si va al voto, è nelle cose, non lo diciamo noi per ripicca nei confronti dei 5 Stelle”. Dal canto suo Enrico Letta prova a fare il pompiere e invoca una verifica mentre il ministro per i rapporti con il Parlamento Federico D’Incà dissente, aprendo l’ennesima crepa nel Movimento, e un altro 5 Stelle, il deputato Francesco Berti (unico pentastellato ad aver votato in favore del dl Aiuti alla Camera) passa nelle fila di Insieme per il Futuro.

Draghi rischia di trovarsi costretto a salire al Colle. Se ciò accadesse si parla di un interim delegato a un “Governo di scopo”: circola il nome di Giuliano Amato, un evergreen della politica italiana. Per il resto, cosa dire? La soap opera dei Cinque Stelle sta portando a un finale thriller o rientrerà ancora una volta tra le righe di William Shakespeare, ovvero “tanto rumore per nulla”?

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