Linee di indirizzo per la vigilanza sulle attrezzature: cosa indicano per la manutenzione degli impianti e la verifica degli impianti elettrici? Ne parliamo con Enrico Maria Ognibeni, Gruppo Macchine e Impianti del Coordinamento Tecnico Interregionale.
Brescia, 9 Set – Di fronte alla mancanza dei requisiti minimi di sicurezza di molte attrezzature di lavoro, e ai conseguenti infortuni gravi e mortali, torniamo a parlare delle linee di indirizzo redatte dal Gruppo tematico “Macchine e Impianti” del Coordinamento Tecnico Interregionale della prevenzione nei luoghi di lavoro; un documento che può contribuire al miglioramento della sicurezza delle macchine e, indirettamente, alla riduzione degli infortuni nel loro utilizzo.
Come già ricordato, il documento - “ Linee indirizzo per l’attività di vigilanza sulle attrezzature. Direttiva Macchine 2006/42/CE e D.Lgs. 17/2010, Titolo III del D.Lgs. 81/08. Indicazioni procedurali per gli operatori dei Servizi di Prevenzione delle ASL/ARPA” – fornisce indirizzi univoci per gli organi di vigilanza e l’Autorità di Sorveglianza del Mercato competente per l’esame delle segnalazioni di presunta non conformità dei requisiti essenziali di sicurezza delle attrezzature.
Il documento è stato presentato il 2 dicembre 2021, durante la manifestazione Ambiente Lavoro, nel convegno “Presentazione delle nuove linee d’indirizzo per l’attività di vigilanza sulle attrezzature emanate dal Coordinamento Tecnico delle Regioni”. E partendo da questo convegno il nostro giornale ha realizzato una lunga intervista, suddivisa in due parti, al coordinatore del Gruppo Tematico Macchine e Impianti del Coordinamento Tecnico Interregionale, Nicola Delussu (ATS Città Metropolitana di Milano):
Dopo aver fatto una presentazione generale del documento, abbiamo pensato che potesse essere utile fornire anche approfondimenti mirati, intervistando altri componenti del Gruppo di lavoro “macchine e impianti”.
Iniziamo oggi con le risposte dell’Ing. Enrico Maria Ognibeni (APSS Trento - Direttore Servizio Sicurezza Impianti e Macchine - U.O. Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro) che interviene su alcuni capitoli delle linee di indirizzo relative alla manutenzione e controllo degli impianti, ai controlli e verifica degli impianti elettrici, agli obblighi delle aziende e alle indicazioni per i lavoratori autonomi.
A livello normativo come sono inquadrati gli impianti presenti negli ambienti di lavoro?
Gli impianti elettrici possono costituire un caso particolare?
Quali sono le possibili violazioni e le responsabilità dei datori di lavoro?
Come sono inquadrati gli obblighi di verifica degli impianti elettrici nel D.Lgs. 81/2008?
Ci sono indicazioni specifiche per gli impianti elettrici presenti in ambienti con pericolo di esplosione?
Quali sono gli obblighi e i doveri dei lavoratori autonomi? E quali sono le differenze rispetto agli altri lavoratori?
L’intervista si sofferma sui seguenti argomenti:
Torniamo a parlare delle “Linee indirizzo per l’attività di vigilanza sulle attrezzature” e lo facciamo entrando oggi nello specifico delle novità relativo al capitolo dedicato alla manutenzione e al controllo degli impianti. A livello normativo, come sono inquadrati gli impianti presenti negli ambienti di lavoro ed al servizio di un ciclo produttivo? E quali possono essere degli esempi di impianti infrastrutturali e di attrezzature di lavoro?
Enrico Maria Ognibeni: L’applicazione del Decreto 81, i cui risvolti nella maggioranza dei casi possono avere ripercussioni di carattere penale, richiede un preciso inquadramento delle varie tipologie di impianto che possono essere utilizzate in un determinato ambiente di lavoro.
Infatti, se il criterio generale di tutela riportato nell’articolo 15 del decreto legislativo 81/2008 richiama in modo generale il corretto mantenimento di ambienti, attrezzature, impianti e dispositivi di protezione individuale, nel corposo testo successivo del decreto troviamo specifici riferimenti agli impianti: nel titolo secondo, relativamente alla strutturazione degli ambienti di lavoro, e nel primo e terzo capo del titolo terzo relativamente all’uso delle attrezzature di lavoro.
Gli impianti considerati dotazione infrastrutturale dell’ambiente di lavoro, rientranti nel titolo II, sono quelli destinati ad assicurare un’adeguata fruibilità del luogo di lavoro, nel rispetto delle norme igienico sanitarie e di sicurezza, come ad esempio: l’impianto di illuminazione, l’impianto di riscaldamento, l’impianto di ventilazione/condizionamento, l’impianto idrico dell’acqua sanitaria, l’impianto di protezione contro le scariche atmosferiche ecc.. Tuttavia è necessario rammentare che ove vi sia un obbligo specifico, esso prevale su un obbligo di portata più generale (principio di specialità) e ciò riguarda in particolare gli impianti elettrici i cui precisi riferimenti sono espressi nel capo terzo del titolo terzo del decreto.
Alcuni tipi di impianto possono essere considerati invece attrezzature, come risulta dalla specifica definizione per l’applicazione del titolo terzo in particolare quando sono necessari all’attuazione di un processo produttivo e sono destinati ad essere usati durante il lavoro, come ad esempio una linea continua per la produzione della carta o più semplicemente un cavo di prolunga per l’alimentazione di un'attrezzatura portatile come un martello demolitore.
Gli impianti elettrici possono costituire un caso particolare?
E.M.O.: Sì. Come detto prima, per gli impianti elettrici il normatore ha previsto dei precisi precetti normativi contenuti nel capo terzo del titolo terzo, una norma speciale rispetto ai precetti generali.
In aggiunta all’obbligo per il datore di lavoro di dover valutare tutti i rischi, il normatore ha rimarcato di dover salvaguardare i lavoratori da tutti i possibili rischi di tipo elettrico, richiamando la necessità di una precisa valutazione dei rischi, di adottare di altrettanto specifiche misure di prevenzione e procedure di lavoro.
È stato inoltre ripreso e ribadito l’obbligo di esecuzione e realizzazione degli impianti a regola d’arte e la presunzione di conformità alla regola dell’arte data dalle pertinenti norme tecniche. Per quanto attiene al personale addetto ai lavori elettrici oltre alle citate procedure di lavoro è prevista una specifica formazione e/o abilitazione.
Quali sono le possibili violazioni dei datori di lavoro connesse alla mancata o insufficiente manutenzione in relazione ad attrezzature e impianti?
E.M.O.: Come abbiamo detto gli impianti possono essere inquadrati come dotazione infrastrutturale di un fabbricato adibito a luogo di lavoro, nel qual caso la previsione relativa alla corretta manutenzione degli stessi è riportata all’interno dell'articolo 64 comma 1 del decreto.
Se l’impianto è di tipo elettrico, in applicazione del capo terzo del titolo terzo gli obblighi circa l'esecuzione della manutenzione sono riportati nell’articolo 80 comma 3 del decreto.
Nel caso particolare delle attrezzature di lavoro invece trova applicazione il primo capo del titolo terzo con l’articolo 71 comma 4 del decreto.
La violazione di questi articoli comporta illeciti di tipo penale.
Veniamo al capitolo connesso ai controlli e alla verifica degli impianti elettrici. Come sono inquadrati gli obblighi di verifica degli impianti elettrici nel D.Lgs. 81/2008?
E.M.O.: Per quanto attiene alle verifiche degli impianti elettrici il decreto 81 richiama in modo espresso il DPR 462 del 2001, confermando la sua validità e la sua applicazione.
Tale ultimo decreto non ha un suo apparato sanzionatorio quindi le eventuali trasgressioni devono essere gestite in combinato disposto con i precetti riportati nel capo terzo del titolo terzo in particolare con l’articolo 86 del decreto 81. Ad esempio la mancata verifica periodica dell’impianto elettrico di messa a terra - secondo la periodicità derivante dal tipo di azienda e delle lavorazioni realizzate - effettuata dall’Ente pubblico o dai soggetti privati abilitati, costituisce violazione dell’art. 86, comma 1, per non aver rispettato l’art. 4, comma 1, del D.P.R. 462/01.
Controlli e verifiche. Il decreto 81/2008 in alcuni passi parla di “controlli” e in altri utilizza il termine “verifiche”. Questi due termini sono sinonimi?
E.M.O.: I termini “verifica” e “controllo”, così come riportati nell’articolo 86 del decreto, non sono sinonimi, sia per gli effetti procedurali che per i soggetti tenuti a svolgere tali attività.
Più in generale quando si utilizza il termine “controllo” si deve pensare ad un’attività svolta dal datore di lavoro, per mezzo delle sue maestranze o di un soggetto terzo incaricato, questi sono in gergo i controlli manutentivi.
Mentre nel caso delle verifiche si deve pensare ad un’attività svolta dall’organo di vigilanza e che, ai sensi del DPR 462 del 2001, può essere svolta anche da soggetti abilitati, che garantiscono al pari terzietà e imparzialità nel loro modo di operare.
Quali sono le responsabilità degli imprenditori in caso di mancato rispetto degli obblighi di verifica?
E.M.O.: La mancata verifica di un impianto elettrico comporta le responsabilità collegate alla messa a disposizione delle proprie maestranze di una struttura, servita dall’impianto, non idonea. Questo anche riferito alla possibile utenza della struttura. La mancata verifica costituisce di per sé un illecito di tipo amministrativo e non permette di rilevare l’eventuale compromissione dell’efficienza e/o sicurezza dello stesso.
In caso di incidente seguito da infortunio si può materializzare il reato relativo alle eventuali lesioni gravi o anche mortali.
Ci sono indicazioni specifiche per gli impianti elettrici presenti in ambienti con pericolo di esplosione? E gli impianti elettrici installati nei luoghi con pericolo di esplosione sono soggetti a particolari indicazioni per la loro messa in esercizio?
E.M.O.: Sì, poiché allo stato attuale, in materia di verifiche sugli impianti elettrici installati in luoghi con pericolo di esplosione, vige il DPR 462 del 2001, il cui ambito di applicazione non è meglio definito, riferendosi a tutti gli impianti installati in luoghi di lavoro in cui può formarsi un’atmosfera esplosiva.
In passato erano soggetti i soli impianti installati in luoghi in cui venivano superati i quantitativi minimi di sostanze pericolose, in lavorazione o deposito, indicati nelle tabelle A e B del DM 22 dicembre 1958 ora abrogato. Lo stesso 462 prevede la pubblicazione di un decreto ministeriale che ne regolamenti l’applicazione, ma tale decreto non è ancora stato pubblicato. Viene preso allora come riferimento il decreto 81 che, in attuazione della direttiva 1999/92/CE (ATEX), impone la verifica delle sole installazioni elettriche in zone classificate con pericolo di esplosione zero o uno, in caso di gas vapori o nebbie capaci di determinare un’atmosfera esplosiva o classificate venti o ventuno, nel caso di sostanze polverulenti capaci di determinare un’atmosfera esplosiva.
Per questa tipologia di impianti elettrici è prevista l’omologazione da parte dell’ASL competente per territorio e successivamente verifiche periodiche biennali, anche appannaggio di soggetti abilitati da parte del Ministero dello Sviluppo economico.
Sempre in relazione agli impianti elettrici quali sono i decreti e provvedimenti legislativi esplicitamente o implicitamente abrogati con l’entrata in vigore del D.Lgs. 81/2008?
E.M.O.: Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 81/08 sono stati esplicitamente o implicitamente abrogati alcuni decreti (ad esempio DPR 547/55, DPR 164/56, etc.) e ulteriori provvedimenti legislativi ad essi collegati.
Ad esempio possono essere considerati abrogati dal D.Lgs. 81/08 i seguenti provvedimenti:
Manutenzione, controlli e verifiche di attrezzature e impianti. Quali sono, per la sua esperienza personale, le principali violazioni che sono riscontrate a livello di vigilanza? Al di là delle sanzioni normative, quali potrebbero essere delle idonee strategie per favorire il mantenimento di attrezzature e impianti lavoro in condizioni di sicurezza e affidabilità?
E.M.O.: Per quanto riguarda gli impianti infrastrutturali le più frequenti violazioni che si riscontrano riguardano il mantenimento nel tempo della loro corretta efficienza, sia in termini di affidabilità che di sicurezza per i lavoratori. Guasti dovuti ad ammaloramenti o perdita di efficienza per invecchiamento o danneggiamenti possono produrre situazioni di rischio per i lavoratori oltre che non garantire una efficiente continuità di servizio ai fini dell’attività produttiva.
Una corretta manutenzione, anche predittiva, secondo le indicazioni degli installatori e delle pertinenti procedure operative, frutto queste ultime della specifica valutazione dei rischi, possono risultare risolutive e consentire un minor dispendio di risorse.
Sugli impianti di processo, sulle attrezzature, in taluni casi, si riscontrano anche difformità di realizzazione, di rispetto dei requisiti essenziali previsti delle direttive di prodotto, con specifiche responsabilità del costruttore dell’attrezzatura; anche in questo caso un’attenta valutazione del rischio da parte del datore di lavoro può essere risolutiva.
Veniamo, infine, al capitolo decimo delle linee di indirizzo, relativo ai lavoratori autonomi, ai componenti dell'impresa familiare, ai coltivatori diretti del fondo, ai soci delle società, ai semplici operanti nel settore agricolo, agli artigiani e piccoli commercianti. In relazione ai temi trattati quali sono in particolare gli obblighi e i doveri dei lavoratori autonomi? E quali sono le differenze rispetto agli altri lavoratori?
E.M.O.: L’articolo 21 del Decreto 81 del 2008 individua gli obblighi in materia di salute e sicurezza che ricadono sui componenti di impresa familiare, lavoratori autonomi, coltivatori diretti del fondo, soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, artigiani e piccoli commercianti, che effettuano opere o servizi ai sensi dell’articolo 2222 del codice civile. Anche le attività di natura intellettuale che comportano la fornitura di un servizio rientrano, quindi, tra le attività soggette.
I lavoratori autonomi è bene ricordare sono quei soggetti che svolgono la propria attività e sono in grado di portarla a compimento da soli; fatte salve alcune categorie, quali i professionisti iscritti in appositi albi, i lavoratori autonomi non sono immediatamente identificabili, normalmente sono iscritti alla camera di commercio come imprese individuali. Questa informazione da sola non è sufficiente per identificare immediatamente il lavoratore autonomo in quanto la definizione di impresa individuale indica solamente che il titolare è una sola persona, ma può anche avere dei dipendenti e quindi rientrare nella più generica definizione di impresa. In definitiva il lavoratore autonomo si identifica normalmente come impresa individuale senza dipendenti.
Per il lavoratore autonomo sono previsti i soli obblighi dell’articolo 21 del decreto 81 ed in particolare quello relativo all’utilizzo di attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al titolo terzo.
Per quanto attiene l’uso delle attrezzature di lavoro non vi è pertanto alcuna differenza di obblighi e di tutela rispetto ad un lavoratore dipendente.
Il resto delle indicazioni, del decreto 81, non trova applicazione. In particolare, relativamente al tema trattato, non trovano applicazione i dettati normativi relativi agli impianti strutturali e, rammentando le considerazioni espresse circa le attrezzature di lavoro, definite in modo specifico nel titolo terzo del decreto 81, possiamo affermare che anche la parte relativa agli impianti elettrici, di cui al capo terzo del titolo terzo non si applica.
In conclusione non trovano quindi applicazione gli obblighi di verifica degli impianti di cui al DPR 462 del 2001.
Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto
Scarica il documento di cui si parla nell'intervista:
Coordinamento Tecnico delle Regioni e delle Province Autonome, Gruppo tematico Macchine e Impianti, “Linee indirizzo per l’attività di vigilanza sulle attrezzature. Direttiva Macchine 2006/42/CE e D.Lgs. 17/2010, Titolo III del D.Lgs. 81/08. Indicazioni procedurali per gli operatori dei Servizi di Prevenzione delle ASL/ARPA”, documento redatto dal Gruppo tematico Macchine e Impianti, edizione dicembre 2020.
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