«La vittima, è inutile nasconderlo, non ritroverà la serenità» che pure ha invocato come suo diritto nella denuncia, perché tra i vari gradi di giudizio «questa vicenda non finirà prima di tre o quattro anni. Si può immaginare cosa vive in questa fase: non ha nessuna forma di tutela. La vicenda di Bologna insegna: lo aveva denunciato per stalking, lo stesso reato, ovviamente nessuno ha fatto niente finché l’ha ammazzata. Ma la vera garanzia per la vittima dovrebbero essere le pene. In Italia purtroppo le leggi le aumentano solo nei massimi, invece che nei minimi».
Così all’Adnkronos l’avvocato Antonio Maria La Scala, presidente dell’associazione Gens Nova di Bari, alla quale si è rivolta la donna di 49 anni, della provincia, che ha denunciato per stalking il suo ex compagno di 63 anni. Dopo la richiesta di rinvio a giudizio da parte del pm Chiara Giordano, risalente a novembre dell’anno scorso, l’udienza del processo era stata fissata dal tribunale del capoluogo pugliese nei primissimi giorni di luglio ma è stata rinviata a fine settembre per un difetto di notifica. Prolungando l’incubo in cui vive la donna che avrebbe subito, da parte dell’uomo che non si rassegnava alla fine della relazione, gli atti persecutori reiterati e consecutivi circa tre anni fa. Una situazione di ‘sospensione’, incertezza, paura che «vivono molte donne», spiega La Scala. «E’ la regola. La legge 119 del 2013, che riguarda non solo il femminicidio ma anche la tutela delle fasce deboli in generale, quindi anche minori, disabili, anziani, prevede una corsia preferenziale del ruolino di udienza. Cioè quando il presidente del tribunale fissa il calendario – continua – deve dare la precedenza assoluta ai processi per maltrattamenti, stalking, violenze domestiche affinché vengano svolti in tempi brevi. E’ un canale preferenziale. Quello che è successo (a Bari ndr) è l’esatto contrario di quanto la legge prevede», evidenzia La Scala.
«Purtroppo i vizi di notifica sono diffusi nel nostro lavoro. La Procura è stata brava. Più veloce di così non poteva fare, poi, è chiaro, non è il pm che fa personalmente le notifiche, le fanno gli staff, i collaboratori. Puntualmente sfugge sempre qualche notifica. In un maxi processo sarebbe anche giustificato per il numero delle parti ma qui abbiamo un solo imputato e una sola persona offesa». Se ne parla, dunque, a fine settembre «sperando che le notifiche siano state perfezionate o che le udienze non vengano rinviate per Covid». In pratica un rinvio di tre mesi, compresa la sospensione feriale. «Si finirà tra tre o quattro anni – prevede l’avvocato La Scala – con una condanna a 1 anno e 6 mesi, pena sospesa, inferiore cioè a quel minimo che prevede la detenzione in carcere. Non avrà mai una condanna superiore ai tre anni perché è incensurato, ultra 60enne, probabilmente chiederà scusa in ginocchio all’ultima udienza quando vedrà che le cose si mettono male. La tattica è questa».
Per il presidente di Gens Nova occorre mettere mano agli organici. «Hanno fatto una riforma – ricorda – grazie alla quale hanno assunto 3000 addetti al processo, giovani laureati con un contratto di due anni e 7 mesi, per aiutare le cancellerie, quantomeno, a smaltire questi provvedimenti, scrivere materialmente le sentenze e i rinvii a giudizio, una serie di atti in modo che i cancellieri e gli ufficiali facciano solo i loro lavoro. E’ chiaro che bisogna rinforzare gli organici. I cancellieri non ce la fanno, io difendo quella categoria di cui nessuno parla mai. Sono oberati di molti compiti. Fisicamente – sostiene – è impossibile. E’ ovvio che così una udienza su quattro in Italia ha un vizio di notifica. Bisogna rinforzare non solo gli organici amministrativi, cancellieri e collaboratori di cancelleria, ma anche quelli giudiziari, per accelerare il processo. Qualche giudice in più non farebbe male».
Nel caso specifico dalla richiesta di rinvio a giudizio di novembre alla fissazione dell’udienza a luglio sono passati nove mesi.
«Dipende dai carichi di lavoro dei giudici ma in questo caso è stato tutto sommato veloce», dice La Scala.
«Ci sono tempi che vanno fino a due o tre anni. La riforma Cartabia non servirà a nulla: la riforma vera si fa con gli uomini, non con le regole che già ci sono e tutto sommato vanno bene». Il vero ‘nodo’ è quello delle pene che, secondo l’avvocato La Scala, non garantiscono le fasce deboli. «In Italia le riforme aumentano le pene ogni volta ma nei massimi e non nei minimi», sottolinea. «I giudici sono tutti orientati verso i minimi edittali di pena. Mettiamo, ad esempio per lo stalking, la pena minima a sei anni e la massima a 12. Così, anche se si fa il patteggiamento, si va a quattro. Almeno un anno lo si sconta in carcere. E’ già una garanzia. In genere lo stalker è un incensurato, solitamente non si tratta di pregiudicati: un anno di carcere eccome se lo spaventa e gli fa capire che la seconda volta non ha più diritto ai benefici di legge e prenderà più anni. Con i minimi edittali attuali – afferma – non risolveremo mai il problema. Aumentando i minimi qualunque riduzione o rito alternativo o abbreviato non gli risparmieranno il carcere». La Scala è molto scettico sulla protezione delle vittime.
«Non esiste», dice. «La permanenza nel centro antiviolenza o nella casa protetta dura qualche settimana e la vittima per prima non lo accetta. Si sente agli arresti domiciliari, in una casa non sua, lei come gli eventuali figli», spiega. «Spesso decide di andare a vivere dai genitori sentendosi reclusa. Ci capitano casi di questo genere tutti i giorni. I centri antiviolenza o le case protette non hanno tanti mezzi, non c’è tutela. Gli arresti domiciliari durano poco, al massimo sei mesi. E poi? Il processo non dura sei mesi. E allora servirebbe l’allontanamento dalla città, il cambio del cognome, il braccialetto elettronico per lo stalker ma anche un satellitare alla vittima in modo tale che venga avvisata immediatamente che lo stalker si sta muovendo, così può avvisare carabinieri e polizia nel suo interesse». La donna barese 49enne è assistita dalle avvocatesse Laura Bellanova e Anna De Tommaso, per conto dell’associazione Gens Nova.
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“Io combatto la tua idea, che è diversa dalla mia, ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perchè tu, la tua idea, possa esprimerla liberamente”
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