America-Cina

2022-09-23 18:29:55 By : Ms. Vivian Jin

Buongiorno, e bentornati sulla nostra newsletter che oggi viaggia sui treni ucraini con Viviana Mazza, racconta la storia dietro alle vittime senza nome di Bucha, guarda al fronte meridionale della guerra in Ucraina (sopra, nella foto Afp ) e osserva gli sviluppi su quello asiatico che si muove accanto alla Russia, conta gli anni a cui un giudice di Mosca ha condannato un giornalista colpevole di aver rivelato «segreti» che non lo erano.

Ma non c’è solo il conflitto ucraino, quella di oggi è un’edizione densa di AmericaCina: vi raccontiamo anche come i datori di lavoro negli Stati Uniti provano a convincere i dipendenti a tornare in ufficio dopo la pandemia, perché l’aspettativa di vita cinese ha superato quella americana, chi è la nuova premier britannica Liz Truss, cosa è successo al giornalista che svelava i segreti di Las Vegas, dove sono finiti i killer che hanno fatto una strage in Canada, quanto verrà pagata la canotta indossata da Jordan in gara 1 delle Finali Nba del 1998.

La newsletter America-Cina ed è uno dei tre appuntamenti de «Il Punto» del Corriere della Sera. Potete registrarvi qui e scriverci all’indirizzo: americacina@corriere.it .

Sull’affollato treno Przemysl-Kiev , che riporta a casa in Ucraina molti ex rifugiati, soprattutto donne e bambini, trasmettono senza sosta Come giocavano a calcio i cosacchi . È un remake del cartone animato Kozaky , vecchio classico degli anni Sessanta diventato un simbolo nazionale . Una volta era una delle poche occasioni per gli ucraini di identificarsi con il folklore nazionale ai tempi dell’Unione sovietica. Le sfide cambiano: nel remake realizzato prima della guerra, i nostri eroi affrontano rivali in partite di calcio in tutta Europa (e sono stati le mascotte ufficiose quando l’Ucraina ha ospitato il campionato nel 2012). Alcuni pensano che non ci sia niente di più patriottico della lingua, ma i protagonisti di questa serie per bambini — tre cosacchi di Zaporizhzhia che attraversano diversi Paesi ed epoche, e incontrano nelle loro avventure divinità e alieni — non dicono una parola. Non ne hanno bisogno per personificare lealtà e forza. Con un calcio al pallone possono impedire a un vulcano di sputare lapilli e offuscare i cieli, e sono in grado di sfidare persino Zeus, altro che Putin .

I tre cosacchi di Zaporizhzhia che sfidano anche Zeus con un pallone (foto Viviana Mazza)

Mentre sui telefonini gli adulti controllano le notizie — c’è o no la controffensiva a Kherson; ora la centrale di Zaporizhzhia è distaccata dalla rete — si parte alle 10:15 del mattino da Przemysl, storica cittadina polacca di 58 mila abitanti al confine. Alla stazione soldate e volontarie polacche offrono gratis caffè, acqua, succhi, fazzoletti, mascherine che nessuno prende, assorbenti . La maggior parte dei viaggiatori sono donne. La fila per arrivare al binario dura quasi un’ora, sotto il sole, a causa del controllo passaporti. Avanti le famiglie con neonati. Le giovani chiedono una sedia per le nonne. Una ragazza ha una maglietta che dice: «Io sono ucraina. Qual è il tuo superpotere?» . Accanto al binario è stato predisposto un wc chimico. Sul treno le carrozze di prima e seconda classe sono alternate (l’unica differenza è che hanno due o tre posti per fila), tutte hanno i televisori in alto, al bar si preparano cappuccini e vendono sandwich. Quando la fila si allunga, all’ora di pranzo, si crea una postazione intermedia dove uno steward prepara té e caffé infuso , in precario equilibrio, con l’aiuto delle passeggere.

La fila per tornare a Kiev, nella stazione polacca di Przemysl (foto Viviana Mazza)

Nonostante la guerra continui, degli oltre 10 milioni di profughi ucraini che hanno lasciato il Paese per entrare nell’Unione Europea da febbraio a metà agosto, ne sono tornati circa 4 milioni secondo stime dell’agenzia delle Nazioni Unite. Alla fermata di Leopoli e a quella di Kiev mariti e fidanzati aspettano con grandi mazzi di fiori . Le figlie più grandi spingono i passeggini con i fratellini, mentre gli adulti si affaticano intorno alle valigie. Si arriva nella capitale con 15 minuti d’anticipo, un viaggio di circa sette ore . Irina, lunghi capelli neri, in tuta rosa mimetica, versa qualche lacrima, guarda la sua dozzina di rose rosse, le fa annusare alla figlia adolescente dopo che il padre ha avvolto la ragazza in un unico abbraccio con il fratellino fino a sollevarli da terra . La ragazza è in piedi ferma, appare stordita, come se avesse bisogno di tempo per abituarsi all’ennesimo cambiamento. E radunano le loro valigie in silenzio, come i Cosacchi di Zaporizhzhia.

La notizia è passata quasi sotto silenzio. Ma la settimana scorsa è stata completata la sepoltura delle vittime di Bucha , in Ucraina. «Le ultime 13 tombe sono state collocate ieri nel cimitero della cittadina, teatro dei crimini di guerra russi», ha riferito la vicesindaco Mykhailyna Skoryk-Shkarivska citata dai media locali. In totale, sono «1.100 gli uccisi dai soldati russi nella cittadina , 76 i cadaveri seppelliti nel cimitero locale, mentre altri 343 corpi sono stati restituiti alle famiglie», ha precisato.

La sepoltura di una vittima senza nome di Bucha (foto Ap/Emilio Morenatti)

Quando sono stata al cimitero Bucha alla fine di agosto, stavano ultimando le sepolture e c’erano 25 fosse appena scavate. La fila dei senza nome contava una settantina di croci . Tombe con un numero. Perché l’identificazione non era stata possibile a causa della decomposizione avanzata e a causa delle difficoltà — anche economiche — che fare i test del Dna presenta, o perché semplicemente nessuno si è presentato a reclamare il corpo, mi hanno spiegato i funzionari del cimitero. Come ha raccontato anche Giusi Fasano che a Bucha è stata a luglio (qui il suo reportage), quando le truppe russe si sono ritirate alla fine di marzo dalla regione di Kiev, hanno lasciato una scia di oltre 1.200 corpi . Almeno 458 morti erano a Bucha o vicino alla città suburbana, lasciati per le strade, negli edifici e nei giardini, nelle cantine e sepolti in tombe improvvisate.

Le tombe scavate per i morti senza nome di Bucha (foto Epa/Roman Pilipey)

Nei cinque mesi trascorsi da allora, i lavoratori del cimitero e i funzionari del consiglio comunale di Bucha hanno svolto il compito più tetro : raccogliere e seppellire i morti di uno dei peggiori massacri della guerra. Ma decine di corpi sono rimasti non identificati o non reclamati. La portata delle atrocità scoperte a Bucha ha portato un diluvio di attenzione e assistenza internazionale. Esperti di crimini di guerra sono arrivati da tutto il mondo per aiutare a documentare le uccisioni e sono apparse nuove uniformi, tra cui tute e giacche bianche ignifughe con la scritta «procuratore per i crimini di guerra» in inglese. E per un attimo Bucha si è trasformata in un set di Csi.

Eppure, nonostante tutto l’aiuto esterno, il duro lavoro di raccogliere e seppellire i corpi è stato lasciato agli operatori dell’obitorio e del cimitero e a una manciata di volontari. Il tutto tra mille difficoltà legate alla mancanza di materiali per eseguire i test o banalmente alla scarsità di forza lavoro dato che gli uomini sono in buona parte al fronte. Ad ogni corpo è stato assegnato un numero . Gli investigatori li hanno fotografati uno per uno e prelevato campioni di Dna, ha spiegato al New York Times la sindaca Skoryk-Shkarivska, in modo che le famiglie possano ancora reclamare i loro cari. «Ogni numero è una persona» , ha concluso Skoryk-Shkarivska. «Vogliamo commemorare tutti. Non vogliamo tombe sconosciute». Ma al cimitero di Bucha alla fine sono rimaste almeno sette fila di corpi che un nome non avranno mai.

Una colonna di fumo si alza sul fronte meridionale (foto Afp/Christophe Simon)

Un breve taccuino militare. I messaggi che trapelano dal fronte meridionale sono favorevoli per gli ucraini , con segnalazioni di villaggi liberati e di strike sulle postazioni degli invasori. Sembra esserci maggiore fiducia e minor cautela nel parlare di «guadagni» . Solita avvertenza: sono informazioni incomplete e non è una partita, ogni battaglia ha le sue fasi, prolungate. Con perdite per tutti.

La Russia reagisce con una serie di passi , è un modo per catturare uno spazio. Vladimir Putin ha presenziato alle grandi esercitazioni con i soldati cinesi mentre le fonti ufficiali attaccano quei Paesi — come l’Italia — che continuano sulla linea delle sanzioni. Sono consapevoli che questi interventi a gamba tesa hanno effetto sull’ opinione pubblica e servono anche a distrarre da eventuali sviluppi negativi sul campo.

L’Armata continua con la mobilitazione strisciante , filmati mostrano treni carichi di tank mentre l’artiglieria consuma grandi quantità di munizioni. Da qui il possibile ricorso a fornitori esterni , come la Nord Corea.

Il leader nordcoreano Kim Jong-un e il presidente russo Vladimir Putin a Vladivostok, in Russia, nel 2019 (foto Ap/Alexander Zemlianichenko)

(Andrea Marinelli e Guido Olimpio ) La Russia ha acquistato milioni di proiettili per artiglieria e razzi dalla Nord Corea . E si prepara a farlo di nuovo. Ad affermarlo fonti dell’intelligence Usa citate dal New York Times . L’informazione potrebbe essere una conferma indiretta dell’alto consumo di munizioni da parte degli invasori, i cui depositi sono stati distrutti in gran numero.

Mosca si è rivolta al regime di Kim — scrive il giornale — dopo aver bussato alla porta della Cina. Pechino è disposta ad aiutare sul piano economico ma, in apparenza, non vuole farsi coinvolgere in quello militare , a parte qualche sponda tecnica e la partecipazione ad esercitazioni in comune in corso in queste ore. I russi si sono allora si sono rivolti a chiunque abbia arsenali compatibili . I coreani, che da anni si preparano ad un conflitto, hanno sviluppato una componente d’artiglieria massiccia, quindi possono rispondere alle richieste per armi anche di medio e lungo raggio, quelle impiegate in modo intenso negli ultimi mesi. Non solo. Si è anche ipotizzato che in futuro gruppi di operai provenienti dal Paese asiatico possano lavorare nel Donbass . Al momento è un progetto sbandierato dai filorussi anche a fini propagandistici.

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(Guido Santevecchi ) Da settimane circolano informazioni concrete e voci più o meno credibili sull’interesse di Kim Jong-un per il conflitto in Ucraina , sia dal punto di vista commerciale sia sul fronte militare. Pyongyang ha riconosciuto a luglio le autoproclamate repubbliche separatiste del Donetsk e di Lugansk e ad agosto l’ambasciatore nordcoreano a Mosca, Sin Hong Cho, ha affermato che il suo governo era pronto ad inviare lavoratori nel Donetsk per aiutare nella ricostruzione delle infrastrutture colpite nei combattimenti. La Nord Corea ha una storica presenza di mano d’opera in Russia e il regime l’ha utilizzata per ottenere valuta e forniture commerciali. Nel 2019 il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, nel quadro delle sanzioni per la corsa nucleare e missilistica di Kim, ha proibito ai Paesi membri di ingaggiare lavoratori nordcoreani : quell’anno la Russia dichiarò di averne espulso 18 mila in osservanza dell’embargo. Ma Donetsk e Lugansk non sono riconosciute dalle Nazioni Unite e quindi hanno mano libera.

I lavoratori nordcoreani all’opera a Pyongyang (foto Ap/David Guttenfelder)

Si è parlato ad agosto anche di un piano per inviare militari nordcoreani nel Lugansk . Lo ha detto alla tv statale di Mosca l’esperto di questioni militari Igor Korotchenko, secondo il quale Pyongyang avrebbe potuto spedire fino a 100 mila soldati sul campo di battaglia in Ucraina per sostenere i «fratelli in armi» russi. Secondo Korotchenko, l’esperienza dell’esercito nordcoreano nel fuoco di controbatteria avrebbe potuto spezzare la resistenza ucraina: il fuoco di controbatteria è la tattica che descrive l’individuazione e la distruzione delle batterie di artiglieria nemiche. Non è credibile che Kim si azzardi a muovere un contingente di 100 mila uomini , né che Vladimir Putin possa umiliarsi fino a richiedere un appoggio così clamoroso. Ma gli esperti di Nk News ritengono che Pyongyang potrebbe inviare qualche decina di militari in qualità di «osservatori» e «consiglieri» per le forze separatiste del Lugansk . I nordcoreani otterrebbero così informazioni di prima mano sui sistemi d’arma forniti dagli Stati Uniti all’Ucraina.

In passato, la Nord Corea ha impegnato un piccolo contingente nella guerra del Vietnam , tra il 1967 e il 1969: allora erano stati inviati alcuni addetti alla contraerea, che secondo Pyongyang avevano abbattuto 26 apparecchi della US Air Force in due anni. Recentemente, Kim ha sostenuto Bashir Assad nella guerra civile siriana : secondo fonti di intelligence ha operato in Siria una unità nordcoreana di supporto all’aeronautica, stimata tra i 300 e i 1.000 militari.

Ventidue anni in un carcere di massima sicurezza per aver diffuso notizie segrete che, in realtà, chiunque può reperire su documenti ufficiali e articoli pubblicati da tempo. Ivan Safronov, 32 anni, ex giornalista di Kommersant , ha ricevuto ieri una delle sentenze più pesanti nella storia della Russia post-sovietica . Niente a che vedere con l’uomo che nel 2015 ha assassinato l’oppositore Boris Nemtsov e si è preso vent’anni. O con uno dei terroristi sopravvissuto alla strage del teatro Dubrovka del 2002 che se l’è cavata con 19 anni.

Il giornalista Ivan Safronov, 32 anni, nella cella del tribunale (foto Ap)

Nel 2001 il giornalista Grigorij Pasko, ufficiale di Marina, accusato pure lui di spionaggio, fu condannato per aver passato presunte informazioni segrete al Giappone. Si prese quattro anni. Ma erano altri tempi . Gli avvocati di Safronov sostengono che la sentenza è del tutto politica, «per dare un esempio» e che il giovane giornalista paga perché aveva rivelato l’intenzione del governo russo di vendere caccia Sukhoi-35 all’Egitto . Un affare da due miliardi di dollari bloccato dopo l’intervento del governo americano sul Cairo.

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Pasti gratis in ufficio, addirittura la possibilità di cucinare in azienda il cibo per la famiglia da consumare la sera a casa . Rimborso delle spese di commuting , ambulatori, massaggiatori, fitness center. In alcuni casi perfino un aiuto per le spese di dog sitting, visto che, secondo l’associazione per la protezione degli animali, negli anni della pandemia ben 23 milioni di famiglie americane hanno adottato cani e gatti e ora non vorrebbero lasciarli soli in casa. Mentre Starbucks offre addirittura il rimborso integrale di rette e spese di studio ai baristi che seguono i corsi online della Arizona State University. Il Labor Day, celebrato ieri dall’America, segna tradizionalmente la fine del periodo delle vacanze estive .

Il tradizionale barbecue del Labor Day della famiglia Sereal a Houston, Texas (foto Afp/Brandon Bell)

Da oggi si torna al lavoro a pieno regime e molte aziende , alle prese col problema della resistenza di molti dipendenti che non vogliono tornare in ufficio preferendo continuare a lavorare in remoto, stanno cercando modi nuovi di attrarre i loro dipendenti in sede visto che la semplice offerta di orari flessibili o anche una riduzione del lavoro in presenza (3 giorni in ufficio, 2 giorni da casa) incontrano resistenze in molte realtà aziendali. I sondaggi dicono che secondo il 60 per cento dei manager americani è necessario (per motivi di efficienza, socializzazione, promozione della creatività e della cultura aziendale, formazione professionale dei dipendenti più giovani e altro) il ritorno di tutti i lavoratori in ufficio entro fine anno .

Ma le indagini demoscopiche (come quella di Adp Research institute) dicono anche che il 64 per cento dei dipendenti che fin qui hanno potuto lavorare in remoto cercherà un altro impiego se costretto a tornare in ufficio . Che fare? Negli Usa si può licenziare con facilità, ma con un mercato del lavoro vicino alla piena occupazione e le imprese che fanno fatica a trovare talenti per la scarsità di personale specializzato, quella di fare la voce grossa appare una via difficile da percorrere . E allora non rimane che cercare di attirare i propri dipendenti offrendo benefit solo a chi andrà fisicamente in ufficio o sforzandosi di comprendere e alleviare i problemi che stanno rendendo più complicato allontanarsi da casa: l’esplosione dei costi del nido e del kindergarden per i bimbi più piccoli, la moltiplicazione degli animali domestici, il costo e la fatica del commuting in un’America che, col ritorno in ufficio, avrà le strade sempre più intasate.

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Molti economisti in Occidente e in Oriente avevano pronosticato che il Prodotto interno lordo della Cina avrebbe sorpassato quello degli Stati Uniti entro la fine di questo decennio. Ora l’ascesa economica della Repubblica popolare è impantanata nella pandemia e nei problemi strutturali che il Partito-Stato non sa risolvere. Il sorpasso potrebbe non avvenire prima del 2035 o addirittura mai (al momento il Pil americano vale 23 mila miliardi di dollari e quello cinese 17). Ma c’è un’altra classifica nella quale gli Stati Uniti nel 2022 hanno perduto inaspettatamente la corsa con la Cina : è quella dell’aspettativa di vita.

Un affollato ristorante di Pechino (foto Epa/Wu Hao)

Nel 2019 l’americano medio viveva fino a quasi 79 anni (78 e 8 mesi); oggi arriva a poco più di 76. Nello stesso periodo, i cinesi sono saliti sopra quota 77, aggiungendo un paio di mesi alla loro speranza di vita. Secondo il National Center for Health Statistics, i tre anni di «vita statistica» persi dagli americani nel 2020-2021 rappresentano il declino più grave in un secolo . Gli esperti di sanità di Washington dicono che è l’effetto del Covid-19, che negli Stati Uniti ha ucciso più di un milione di persone e pesa per il 50% nel crollo di longevità.

Le statistiche comunque contengono mille pieghe e precisazioni : gli analisti Usa sottolineano che il calo di longevità è dovuto al crollo registrato nella comunità dei Native Americans e dei nativi dell’Alaska, che hanno perso cumulativamente 6,5 anni di aspettativa di vita. Storia diversa in Cina dove, dopo il disastro di Wuhan, il governo ha imposto misure di contenimento rigidissime, basate sulla politica Zero Covid : bastano poche decine di contagi per fermare tutte le attività non essenziali, dalle scuole agli spettacoli, alle fabbriche e ai trasporti pubblici.

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Se Boris Johnson non aveva vere convinzioni e andava dove tira il vento, Liz Truss ne ha fin troppe. Chi la conosce bene dice che con lei non ci saranno manovre sottobanco : Liz dice e fa quello che pensa. Eppure la sua irresistibile traiettoria ha avuto più di un elemento di improbabilità. Figlia di due militanti di estrema sinistra , da bambina veniva portata dai genitori alle marce anti-nucleari dove le facevano scandire slogan contro la Thatcher. Per ragioni ideologiche, venne mandata in una scuola statale invece che in uno degli istituti privati frequentati dall’élite britannica.

Liz Truss, 47 anni, nuova premier britannica (foto Ap/Kirsty Wigglesworth)

Nei giorni scorsi il Times è andato a scovare i suoi ex compagni di banco e tutti si mostravano più o meno sorpresi che una tipa come lei, all’epoca ben poco appariscente, potesse diventare primo ministro : al massimo, la ricordavano come una un po’ secchiona. In realtà quella scuola, che Liz ha descritto come scassatissima, non era poi così male, tanto che lei riuscì a essere ammessa a Oxford , dove studiò Politica, Filosofia ed Economia al Merton College, il più rigorosamente accademico di tutti.

Ma anche all’università lei continuava a militare nel campo progressista , nelle file dei liberaldemocratici: e in quella veste tenne pure un discorso in cui propugnava l’abolizione della monarchia, oltre che la legalizzazione della marijuana. È solo da adulta che Liz viene folgorata sulla via di Damasco e si converte al credo thatcheriano : e nel partito conservatore in cui fa ingresso si distingue presto come un’esponente di primo piano dell’ala liberista.

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Jeff German, 69 anni, giornalista accoltellato a morte sabato davanti a casa

(Guido Olimpio ) Jeff German, un giornalista mai stanco di indagare nel cuore nero di Las Vegas. Una vita passata a scarpinare in cerca di news, a setacciare ambienti, a coltivare fonti. Lo dichiarava non con ostentazione ma con la passione di chi ama questo mestiere, ha voglia di scrivere ma spesso è già contento quando sa qualcosa. Poi viene il resto. Il lavoro di Jeff si è chiuso per sempre alle 10.30 di sabato , davanti alla villetta color pastello dove abitava: è stato pugnalato a morte. Dopo una lite con una persona, riferiscono i testimoni. La polizia assicura che non ci sono altri pericoli per la comunità, vi sarebbe già una traccia da seguire : ha diffuso la foto di una figura non riconoscibile che indossa un cappello a larghe tese, una vistosa maglia arancione (sembra quelle da operaio), guanti e ha un borsone a tracolla. I colleghi, intanto, escludono che avesse ricevuto minacce dirette o, se c’erano, loro non erano stati informati. Reazioni a caldo, capiremo se è così.

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I due killer della James Smith Cree Nation (foto Ap)

Uno dei due è stato trovato morto. L’altro, il fratello, resta in fuga. Continua dunque la massiccia caccia all’uomo nel cuore del Canada . Da due giorni le Giubbe Rosse, mitica polizia a cavallo del grande stato nordamericano, erano sulle tracce di due killer nelle provincie di Saskatchewan, Alberta e Manitoba , un’area grande quanto mezza Europa. Domenica, di prima mattina, i due uomini hanno accoltellato diverse persone all’interno della James Smith Cree Nation — una riserva delle Prime Nazioni, come vengono chiamate le comunità indigene in Canada — e nel vicino villaggio di Weldon, in Saskatchewan. Dieci persone sono morte e 18 sono rimaste ferite più o meno gravemente.

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Il vecchio porto di Marsiglia

(Guido Olimpio ) Marsiglia, 22.30 di sabato sera. Una persona a bordo di un’auto sta per uscire dalla stazione di servizio ma è bloccata da uno o più mezzi. Scende un uomo che spara con un Kalashnikov , il bersaglio è raggiunto da una dozzina di proiettili. Non ha avuto scampo. La vettura del killer è stata rinvenuta carbonizzata, tattica consueta per cancellare tracce. La polizia ritiene che sia un agguato legato alla guerra tra clan rivali , una sfida legata al controllo del mercato degli stupefacenti.

I numeri ufficiali raccontano molto . Nel 2021 i regolamenti di conti hanno provocato la morte di 94 persone in Francia, molti sono avvenuti nella città mediterranea. Quest’anno sono stati registrati nella stessa regione 20 omicidi per arma da fuoco e tre assassinati con coltelli . Il governo, dopo ogni episodio eclatante, annuncia rinforzi, promette impegni per la sicurezza. E si ricomincia.

La celebre casa d’aste Sotheby’s metterà oggi all’incanto la maglia indossata da Michael Jordan durante gara 1 delle Finali 1998 , epilogo dell’ultima sua stagione con i Chicago Bulls prima del secondo ritiro (ce ne sarebbe poi stato un terzo perché MJ nel 2001 tornò con i Washington Wizards, dei quali era diventato proprietario, giocando fino al 2003). In un primo tempo era stato detto che all’asta finiva la canotta della prima finale con i Bulls, quella della vittoria del 1991 sui Los Angeles Lakers, invece è una di quelle dell’annata raccontata da The Last Dance , la serie-documentario di Espn e Netflix uscita con grande successo nel 2020. In ogni caso, di mezzo c’è sempre il fascino inossidabile di Jordan , che a 59 anni è ancora un’icona e muove il marketing come pochi: Sotheby’s si aspetta che la maglia sia battuta a non meno di 5 milioni di dollari . «La stagione 1997-1998 è forse la più amata dai tifosi di Jordan, perché Michael era all’apice della carriera e allo stesso tempo inseguiva quella che sapeva sarebbe stata la sua ultima possibilità di vincere un campionato Nba con Chicago», ha dichiarato Brahm Wachter, responsabile del settore streetwear e collezionismo moderno della casa d’aste.

Michael Jordan in gara 1 delle Finali 1998 contro gli Utah Jazz (foto Ap)

La canotta è quella rosso-arancione da trasferta , ha il classico numero 23 (ricordiamo però che nel 1995, dopo il primo rientro, usò il 45, preferito dal padre assassinato e utilizzato anche nella non proficua esperienza nel baseball) e la partita fu giocata a Salt Lake City : gli Utah Jazz nella serie finale avevano il vantaggio del fattore campo. Il pubblico era caldo e ostile, ma «Air» era calmissimo: in una delle scene più famose di The Last Dance lo si vede mentre balla un brano del cantante Kenny Lattimore sul bus della squadra che si stava dirigendo al palasport . I Bulls persero, Jordan giocò 45 minuti e segnò 33 punti. I Jazz si illusero di conquistare il titolo, ma fu Chicago — al sesto centro e alla seconda tripletta di fila dopo quella 1991-1993 — a spuntarla: in gara 6, sempre a Salt Lake City, il canestro decisivo del sorpasso a fil di sirena che valse il 4-2 nella serie fu firmato proprio da MJ con un tiro perfetto, anche dal punto di vista stilistico, e immortalato da una foto di culto.

«The Shot», il tiro che consegnò il sesto titolo ai Bulls (foto Eurosport)

Sulla scia di quel ricordo ci si aspetta un’asta da boom . Se le attese di Sotheby’s fossero confermate, la cifra straccerebbe l’attuale record di un cimelio di Jordan: per ora spetta a un paio di scarpe Nike indossate nella prima stagione nella Nba; chi se l’è aggiudicato ha speso 1,5 milioni di dollari. Nello scorso maggio una rara figurina di «Air», sempre risalente alla prima annata da professionista, ha superato un milione di dollari da Christie’s. Che la battaglia tra i collezionisti, allora, incominci: il primato storico appartiene a una figurina del 1952 di Mickey Mantle , star dei New York Yankees di baseball, battuta nei giorni scorsi per 12,6 milioni di dollari. Il record precedente apparteneva a Diego Armando Maradona : 9,3 milioni di dollari per la maglia che indossò nel quarto di finale del Mondiale 1986, la famosa partita della «mano di Dio» e del gol del secolo. Cifre che sembrano irraggiungibili, ma quando c’è di mezzo Jordan può accadere di tutto .

Jannik Sinner durante la partita vinta contro il bielorusso Ivashka a New York (foto Ap/Andres Kudacki)

Tutto è relativo, ma che immane fatica. Il giocatore che Wimbledon non aveva ammesso in Church Road (niente guerrafondai, siamo inglesi) e che a New York sia il numero 10 del mondo Hubert Hurkacz che l’azzurro Lorenzo Musetti (condizionato da una vescica all’indice) avevano trovato irresistibile — il bielorusso Ilya Ivashka, 28enne di Minsk seduto sul 73esimo gradino del ranking —, viene masticato in cinque bocconi (6-1, 5-7, 6-2, 4-6, 6-3) da uno Jannik Sinner in versione non certo deluxe (la prima di servizio stasera è l’oggetto del desiderio: 14 doppi falli, appena il 46% di prime palle in campo) ma incurante del caldo appiccicoso che annuncia pioggia su New York e sordo all’eco del terremoto che lunedì ha scosso l’Open Usa.

Rafa Nadal , l’uomo che quest’anno negli Slam era imbattuto (successi all’Australian Open e a Parigi, ritiro forzato per infortunio a Londra), il fenomeno che puntava al 23esimo titolo Major per staccare nella rincorsa all’immortalità Djokovic (assente in quanto non vaccinato) e Federer (ancora in bacino di carenaggio), è eliminato al terzo turno dall’americano Frances Tiafoe , figlio di immigrati negli Stati Uniti dalla Sierra Leone, irresistibile quando il tifo ne sollazza lo spirito combattivo.

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Grazie per averci letto fin qua, buona giornata,