Bunker e kit di sopravvivenza da 5 mila dollari: dagli Usa all’Ue corsa dei ricchi ai rifugi anti virus - Corriere.it

2022-06-03 19:54:27 By : Ms. Susan Liu

C’è il mancato deputato del Brexit Party che apre la sua fattoria survivalista a un migliaio di ricchi londinesi in fuga dai pericoli del Coronavirus. Molte famiglie facoltose alla ricerca di un rifugio in campagna — scrive da Londra Paola De Carolis — sarebbero pronte a spendere anche 50.000 sterline al mese, magari non per vivere in una «fattoria dell’Apocalisse» ma per una villa con giardino e muri di cinta. C’è l’ex ministro dell’Ambiente francese, Yves Cochet, che «con obiettiva lungimiranza si era ritirato già l’anno scorso in una casa isolata in Bretagna con riserve e risorse idriche autonome», segnala il corrispondente del Corriere da Parigi, Stefano Montefiori. E per non esser da meno, fuggono anche i ricchi newyorkesi: «The rich have a Coronavirus cure: escape from New York», titolava pochi giorni fa il New Yok Times, parlando di «esodo nel panico dell’1% verso le loro seconde case». E per uno per cento si intende la parte più ricca della popolazione mondiale. Va detto che, seppure una frazione delle élite all’inizio pensasse che «è poco più di un’influenza», l’emergenza Coronavirus ha finito con lo spaventare la maggioranza dei benestanti. Dunque, i ricchi se ne vanno. Mentre nelle periferie Parigini, le banlieu, con in quelle di Milano e Roma, restano i mano fortunati. Che mai si sognerebbero di spendere 5 mila dollari per un kit di sopravvivenza.

Dalla Francia al Regno Unito, agli Usa, i più ricchi e le famiglie benestanti fuggono dalla pandemia cercando riparo nelle ville delle vacanze o in rifugi anti Apocalisse. E molti si attrezzano con presunte attrezzature salva-vita. È questo il futuro che ci attende se non salveremo il Pianeta?

Accade negli Stati Uniti, dove il 20% della popolazione crede nella possibilità di una prossima Apocalisse (si chiamano i «prepsters», dalla crasi tra i termini preparedness e disaster , ma il termine è stato rubato agli studenti, perché un tempo definiva i giovani che frequentavano costose scuole). Ma è sempre quell’1% di cui parlavamo ad affrontare le spese più pazze pur di mettersi al riparo dalla pandemia. È un prologo di quanto ci attende nel caso la crisi climatica dovesse portare nuovi disastri nel nostro prossimo futuro? Mentre una parte degli esseri umani si affanna a combattere perché si prendano misure per il contenimento del surriscaldamento globale, per salvare aria, acqua e terra, dunque poter sperare in un Pianeta migliore, un’altra pensa soltanto a mettersi al riparo da eventuali situazioni catastrofiche. E l’emergenza Coronavirus ha accelerato questi preparativi da Armageddon, tanto che negli Usa molte delle aziende produttrici di attrezzature per la sopravvivenza in situazioni estreme non sono più in grado di far fronte all’impennata della domanda, scrive il Los Angeles Times: «Gli acquisti di survival kit sono aumentato tra il 300 e il 500% in California». L’industria dei beni per survivalisti non era pronta per il Coronavirus, sentenzia Wired. Se l’innalzamento di mari e Oceani avvenisse con la velocità di propagazione del Covid-19, anziché nei prossimi 3-5 decenni, non c’è dubbio che migliaia di persone correrebbero a comprarsi rifugi anti alluvione. Sarà questo il mondo di domani?

I «profughi benestanti» della pandemia

Senza voler criminalizzare chi cerca riparo lontano dalle grandi città e dalle aree-focolai (lo fanno tutti, dalle famiglie borghesi che si spostano nelle seconde case agli studenti che sono rientrati nei paesi d’origine dopo la chiusura degli atenei), quel che colpisce è la dimensione della spesa, correlata alle alte disponibilità di certe èlite economiche. Mentre qualche americano non troppo abbiente si accontenta delle soluzioni spartane di campi come il Fortitude Ranch in West Virginia (a due ore da Washington, mille dollari l’anno per un soggiorno in baracche con tetti di lamiera ricoperti di terra), i super ricchi noleggiano elicotteri — o jet privati, come ha scritto The Guardian già a inizio marzo, pochi giorni dopo l’allarme per la propagazione del Covid-19 dalla Cina all’Europa — per scappare più in fretta, affittano rifugi anti catastrofe quando non hanno già una villa. Magari a Martha’s Vineyard e Nantucket: il Daily Mail li chiama «wealthy virus refugees», ricchi profughi del virus. In Francia , le autorità di alcune località di villeggiatura sul mare si sono viste costrette a chiudere le spiagge per l’eccessivo affollamento di «profughi» in vacanza. Tant’è, alla fine giovedì sera il governo si è deciso a vietare l’accesso a tutti gli arenili che si affacciano sul Mediterraneo, in Corsica, ma anche sull’Atlantico nel Morbihan e a Ile-et-Vilaine in Bretagna, come parte delle misure preventive contro il virus. Chi non ha una residenza degna, si compra un soggiorno in resort stellati. Ma l’acquisto più assurdo, almeno dal punto di vista di chi — come milioni di italiani — è costretto ad una quarantena preventiva in casa senza peraltro riuscire a trovare una mascherina o un paio di guanti sterili, è quello del kit di sopravvivenza.

Un kit anti batterico da 4.999 dollari

Ne dà notizia il sito di Bloomberg (si, quello del miliardario che si è appena ritirato dalla corsa per le presidenziali Usa) che racconta come, per sconfiggere l’ansia da rischio contagio, il famoso 1%, i super ricchi, stia dando l‘assalto ai negozi online di materiale per prepsters o survavalist, arrivando a pagare 4.995 dollari per una borsa in fibra di alluminio («ritardante, per gli incendi») con kit di filtro anti contaminazione per l’acqua, mascherina N-95 (le nostre FPP3), purificatore dell’aria anti-batterico, torcia elettrica, farmaci e materiale di primo soccorso, pannelli solari pieghevoli, due sacchi da camping per dormire, mantelle antipioggia (radioattiva?, si direbbe di sì visto il prezzo) ; ma anche spazzolino, dentifricio e creme per idratarsi.

Il catalogo di un sito online per survivalisti

Armageddon e la corsa alla carta igienica

Di questi incredibili e forse inutili (per il contenimento del virus) kit di sopravvivenza, ne sarebbero stati venduti migliaia: «A febbraio i volumi di acquisto sono saliti del 5 mila per cento», dichiara Ryan Kuhlman, co-fondatore di Preppi, una delle più grandi aziende che commerciano prodotti per catastrofisti o seguaci di gruppi che si preparano all’Apocalisse. Per altri kit meno costosi (intorno ai 400 euro) le vendite sono salite invece del 500%. Moltissimi ricchi «virus refugees» optano poi per le attrezzature della Hammacher Schlemmer & Co, altro colosso delle forniture per prepsters: in primo luogo per il loro «Virus, Mold, And Germ Destroying Air And Surface Sanitizer» da 399 dollari. Un muro privato contro microbi e batteri, a dar retta al fabbricante. Secondo Bloomberg il mercato dei prodotti per survivalist coprirebbe — nei soli Stati Uniti — una quota consistente dell’industria dei prodotti per il benessere, che ha un fatturato di 4,5 miliardi di dollari. I ricchi stanno facendo incetta di queste dotazioni da Armageddon «così come altri fanno scorta di carta igienica». E i poveri si preparano a soffrire: «In questi giorni milioni di americani non possono permettersi di fare scorta di provviste — ha detto alla rivista Time Jewel Mullen, vice rettore e responsabile delle Pari opportunità all’Università del Texas —, di perdere il lavoro o di avere un medico».

Il Coronavirus si rivela uno spartiacque: se la nostra società non saprà abbattere le barriere che ancora relegano gran parte della popolazione mondiale in posizione di inferiorità rispetto alla parte più ricca, se non saprà garantire a tutti benessere e speranza allo stesso modo, con o senza pandemie non riusciremo a costruire un mondo migliore. Paolo Ferrero di Rifondazione Comunista, già ministro della Solidarietà sociale nel governo Prodi, notava giorni fa su Twitter e su Il Fatto Quotidiano che anche in Italia «di fronte all’epidemia del coronavirus, Berlusconi se ne va a Nizza nella villa della figlia... e Ronaldo rimane nel suo buen retiro nell’isola di Madeira. Parallelamente le operaie e gli operai, anche quelli che svolgono produzioni non essenziali nella situazione di emergenza, continueranno in larga parte ad andare a lavorare». E osserva: «Qui passa la linea di divisione. Come la vogliamo chiamare? Tra il popolo e le élite? Tra le classi sociali? Chiamatela come volete, ma nessuna invenzione lessicale potrà coprire questa vergognosa diseguaglianza tra umani».

Uno stile di vita basato sull’ecologia integrale

Sul mensile Vita, il saggista e sociologo Pietro Piro concorda: «Questa pandemia ci dice che dobbiamo mettere in discussione la “vita di prima”. Dobbiamo rifondare la società in cui viviamo riscrivendo il patto sociale». Sottolinea che in questi giorni «è evidente come non mai il valore della solidarietà, della cooperazione, del sacrificio umile e silenzioso, della responsabilità degli uni verso gli altri». La società che costruiremo dopo la pandemia — secondo Piro — sarà «cooperativa, solidale, responsabile, ecologica, meticcia, aperta o non sarà». E tra le azioni, gli orientamenti che dovranno seguire le agognata fine dell’emergenza Coronavirus, evidenzia: «Abbiamo bisogno di uno stile di vita basato sull’ecologia integrale che sia in grado di stabilire un nuovo e più profondo legame con la Madre-Terra».