Carcere Salerno: indagati per devastazione 17 detenuti per la rivolta di marzo 2020

2022-03-03 06:40:26 By : Ms. Niche Huang

Carcere Salerno: indagati per devastazione 17 detenuti per la rivolta di marzo 2020

Armati di spranghe di ferro, divelte dalle brande, sfondarono i finestroni esterni del carcere e abbatterono le grate. Dopo essere riusciti a salire sul tetto, circa cento detenuti del penitenziario di Fuorni, cominciarono a lanciare pietre e detriti contro il personale della polizia penitenziaria riunito nel piazzale di via del Tonnazzo in assetto antisommossa. Distrussero completamente il sistema di videosorveglianza interno, le telecamere dei corridoi, gli impianti di illuminazione e diedero fuoco ai materassi incendiando i locali del secondo piano del penitenziario. Era il 7 marzo 2020 e in un clima spettrale per l’allerta coronavirus, nel carcere di Salerno era appena stata annunciata la sospensione dei colloqui tra i detenuti e i loro familiari. Fu questa la scintilla che fece esplodere la rivolta.

Devastazione è l’ipotesi di reato formulata dai sostituti procuratori Katia Cardillo e Claudio D’Alitto che, a 18 mesi di distanza da quella folle sommossa, hanno chiuso il cerchio chiedendo il giudizio per diciassette persone, le uniche individuate tra i circa cento rivoltosi al termine di serrate indagini. L’appuntamento è per il prossimo 19 novembre nell’aula della cittadella giudiziaria davanti al Gup del tribunale di Salerno Alfonso Scermino e al ricco collegio difensivo (avvocati Stefania Pierro, Lucia Miranda e Antonio Pentone). Rischiano il processo in 17, tutti, all’epoca dei fatti, erano detenuti a Fuorni. Lunghe e complesse, le indagini espletate dalla Procura hanno ricostruito le singole fasi di quella folle sommossa all’esito della quale due agenti della polizia penitenziaria finirono al pronto soccorso dopo essere stati costretti a lanciarsi dai finestroni nel cortile esterno del penitenziario con i tubi antincendio usati come corda.

La follia andò in scena alle 14,30 del 7 marzo 2020 e furono necessarie 180 unità di varie forze di polizia per frenare i rivoltosi che furono domati solo sei ore dopo. I detenuti agirono facilmente, approfittando del regime custodiale “aperto” e, dopo essersi impossessati con violenza delle chiavi dei cancelli di sbarramento delle sezioni A e B, acquisirono il controllo di tutto il secondo piano dell’edificio che ospitava 106 detenuti. Il film, ricostruito dalla Procura, mostra le scene di quella che si configura come una vera e propria devastazione.

I rivoltosi lanciarono lungo le scale le brande dei letti e una scrivania sbarrando così il passaggio al personale che fu in tal modo immobilizzato; quindi rovesciarono sul pavimento la polvere degli idranti del sistema antincendio e si armarono con tutto ciò che riuscirono a reperire: piedi dei tavoli, brande metalliche smontate, mattoni e calcinacci.

Con quegli arnesi distrussero tutto riuscendo persino ad abbattere le grate in ferro dei finestroni aprendo così dei varchi attraverso i quali salirono sul tetto. Sul posto sopraggiunse anche un elicottero della polizia che per ore sorvolò l’area dell’istituto penitenziario. Le immagini di quella rivolta divennero virali in un’Italia sconvolta dalle continue chiusure e dalle incessanti limitazioni imposte dal Governo per far fronte alla fase più acuta della pandemia. Oggi, a distanza di un anno e mezzo dai fatti, ai 17 imputati è stata notificata la richiesta di rinvio a giudizio.

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