Come si divide la proprietà immobiliare del padre o della madre alla loro morte: la divisione dell’eredità tra i figli e il coniuge superstite.
Quando muore il proprietario di una casa, la relativa proprietà passa ai suoi eredi. Ma chi sono gli eredi nel caso in cui questi abbia lasciato dei figli? In altri termini, chi eredita la casa dei genitori? La risposta dipende da una serie di variabili come, ad esempio, la presenza di un testamento, l’esistenza di un coniuge, l’eventuale violazione dei diritti degli altri eredi legittimari e così via. Dovremo considerare tutte queste eventualità se vogliamo comprendere chi eredita la casa dei genitori. Ed è ciò che faremo qui di seguito. Ma procediamo con ordine.
I figli sono eredi legittimari: ad essi cioè va sempre una quota minima del patrimonio del defunto (la cosiddetta “legittima”), anche quando questi ha disposto diversamente nel proprio testamento. Essi pertanto non possono mai essere diseredati.
Anche il coniuge è un erede legittimario, purché non sia già intervenuta una sentenza di divorzio (il coniuge separato, a meno che non abbia subito il cosiddetto “addebito”, è ugualmente erede legittimario).
Se il defunto ha lasciato un testamento sarà tale documento a specificare a chi va la casa. Il testatore ha, a riguardo, una serie di possibilità.
Potrebbe ad esempio stabilire che la casa finisca a una persona ben definita, il cosiddetto «legatario», ossia colui che, pur non essendo erede, riceve uno specifico bene dal testatore.
Il testatore però potrebbe anche decidere di lasciare la casa ad un erede specifico, menzionandolo nel testamento. La proprietà si trasferirà pertanto in capo a questi non appena avrà formalizzato l’accettazione dell’eredità. Ma è bene sapere che, nell’agire così, il testatore non può negare agli eredi legittimari le rispettive quote di legittima. Quindi, intanto egli può lasciare la casa a uno degli eredi, anche uno dei figli, a condizione che i legittimari siano soddisfatti nelle rispettive quote.
Vediamo quali sono le quote di legittima. Se il proprietario della casa lascia il coniuge e un figlio, un terzo del suo patrimonio deve andare al primo e l’altro terzo al secondo; la residua parte può essere lasciata dal testatore a chi questi preferisce.
Se invece, oltre al coniuge, ci sono due o più figli, al primo va un quarto dell’eredità mentre ai figli gli altri due quarti. Il residuo quarto è la quota disponibile del patrimonio la cui assegnazione può essere fatta in favore di chi vuole il testatore.
Se invece il testatore lascia un solo figlio senza il coniuge, a questi va la metà del suo patrimonio. Se i figli sono due o più, a loro devono essere riservati comunque i due terzi del patrimonio, mentre l’ultimo terzo può essere lasciato a chi si vuole.
In ultimo, il testatore potrebbe limitarsi a indicare le quote spettanti a ciascun erede, senza specificare a chi vada la casa. In tale ipotesi, si formerà una comunione ereditaria tra tutti gli eredi: ciascuno di questi avrà cioè una quota indivisa dell’immobile. Tale comunione permane fino a quando gli eredi non decidono di dividerla. E se manca l’accordo, ciascuno di questi può chiedere al tribunale di procedere alla divisione coattiva. Ciò avverrà con la divisione in natura del bene o, qualora ciò sia impossibile e nessuno degli eredi ne chieda l’assegnazione (con liquidazione agli altri del controvalore delle rispettive quote), con la vendita all’incanto dell’immobile e la divisione tra gli eredi del ricavato.
Le cose vanno diversamente se non c’è un testamento. In questo caso, è ancora più facile stabilire a chi va la casa dei genitori.
La proprietà della casa verrà divisa automaticamente secondo le quote indicate dalla legge e che indicheremo qui di seguito. In ogni caso, al coniuge superstite spetta il diritto di abitazione vita natural durante. Questi cioè può continuare a viverci all’interno trattenendo anche il relativo arredo. Il diritto di abitazione si perde se il coniuge superstite va a vivere altrove.
Se il defunto lascia il coniuge e un figlio, la casa si divide al 50% tra i due.
Se invece lascia il coniuge e due o più figli, al primo va un terzo della casa e gli altri due terzi ai secondi.
Se il defunto lascia solo un figlio, questi eredita tutta la casa. Se lascia invece due o più figli, questi ereditano tutta la casa per quote uguali.
In tutte le ipotesi appena viste, la proprietà dell’immobile cade in comunione ereditaria: in pratica, ciascuno dei predetti soggetti acquista solo una quota ideale dell’immobile sino alla divisione. Divisione che seguirà le regole che abbiamo indicato in precedenza. Poiché nessuno può essere vincolato a restare proprietario di un bene che non vuole, ciascun erede potrà, in qualsiasi momento, chiedere al giudice la divisione della comunione.
Se la casa era in comunione dei beni con il coniuge, in successione cade solo il 50% del bene. L’altra metà resta nella titolarità del coniuge superstite.
Allo stesso modo, se la casa era in comproprietà con il coniuge in separazione dei beni o con il convivente o con qualsiasi altro soggetto, anche qui si verifica una successione solo per la quota di proprietà del soggetto defunto, mentre l’altra parte resta di proprietà del comproprietario superstite.
Potrebbe succedere che il genitore defunto convivesse con un’altra persona. In tal caso, la proprietà della casa finisce ai figli ma il compagno o la compagna superstite vanta un diritto di abitazione per almeno 2 anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore, e comunque per non oltre 5 anni. Inoltre, se nella stessa casa coabitano figli minori o figli disabili del convivente superstite, lo stesso avrà diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni.
Anche i figli minorenni possono ereditare, essendo anch’essi eredi legittimari. Tuttavia, in tal caso, l’altro genitore dovrà accettare per loro l’eredità con beneficio di inventario. Inoltre, conserverà il diritto di usufrutto sulla loro quota di proprietà.
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