Pubblicato il 20.08.18 di Giacomo Sebastiano Canova Aggiornato il 23.08.19
L'immersione subacquea è un'attività estremamente affascinante che permette di immergersi in scenari mozzafiato, restando a stretto contatto con una natura a noi tanto vicina quanto lontana. Questa attività, però, deve essere effettuata con estrema attenzione, in quanto possono presentarsi alcune situazioni rischiose per la salute dei sub.
Immersioni e le patologie subacquee
L'attività subacquea consiste in un'immersione completa del corpo umano in acqua. Tale immersione può avvenire in apnea, dunque per profondità e tempo limitate, oppure mediante l'utilizzo di respiratori che permettono tempistiche di immersione maggiori e il raggiungimento di profondità più elevate.
Tale attività non è però esente da rischi: per questo motivo è previsto che i sub conseguano un brevetto anche se la loro attività viene svolta per fini ricreativi.
La patologia da decompressione si compone di due particolari condizioni: la malattia da decompressione e l'embolia gassosa arteriosa. Tali manifestazioni avvengono quando la pressione ambientale attorno al corpo del paziente si riduce.
La malattia da decompressione è una severa condizione patologica che si può manifestare, in relazione alla profondità, in tre condizioni:
Non effettuazione delle soste di sicurezza prima della fuoriuscita in superficie.
Durante queste tre particolari condizioni può verificarsi che la quantità di azoto che il subacqueo respira non riesca ad essere eliminato con la stessa velocità che avviene in superficie. Questo avviene a causa dell'elevata pressione dell'acqua circostante durante l'immersione, la quale causa il deposito di azoto in eccesso in forma liquida nel sangue e nei vari tessuti. Se la fase di risalita viene effettuata a velocità eccessiva, questa componente di azoto può liberarsi in forma gassosa e provocare pericolose bolle che si comportano da veri e propri emboli che sono in grado di formarsi in tutti i distretti corporei; questo fatto spiega il perché i sintomi e le conseguenze di questa patologia sono molto variabili.
In base alla sintomatologia la malattia da decompressione si distingue in:
Sintomi neurologici: derivano dalla presenza di bolle nell'encefalo o nel midollo spinale. Possono presentarsi anche sotto forma di astenia sproporzionata rispetto allo sforzo affrontato durante l'immersione. In base al distretto colpito, possono riguardare:
Nel caso in cui si manifestino i sintomi della malattia da decompressione è importante chiamare un ambulanza o accompagnare immediatamente il sub presso il più vicino Pronto Soccorso e, se disponibile, va somministrato ossigeno ad alti flussi in quanto l'unico metodo di trattamento di questa sindrome è la somministrazione immediata di ossigeno puro (FiO2 100%).
Una volta giunto in Pronto Soccorso, l'ossigenoterapia deve essere proseguita e deve essere valutata la necessità di sottoporre il paziente a terapia in camera iperbarica, in modo tale da ricomprimere le bolle di gas presenti nei vasi sanguigni. La componente di azoto così ricomposto verrà dunque eliminata successivamente attraverso l'utilizzo di particolari tabelle decompressive.
L'embolia gassosa arteriosa possiede un'eziogenesi simile alla malattia da decompressione, in quanto è dovuta alla formazione di bolle di gas all'interno della circolazione sanguigna di un sub durante la fase di decompressione. Tali bolle, però, non si formano a partire dall'azoto, bensì la loro presentazione si deve a un'estrema sovradistensione polmonare che giunge a un punto tale da causare lacerazioni nel tessuto polmonare, facendo quindi penetrare nella circolazione arteriosa emboli gassosi.
Questa manifestazione si manifesta dunque quando non si rispettano le principali norme di sicurezza durante l'attività subacquea: una risalita troppo veloce rispetto alla velocità di sicurezza di 9/10 metri al minuto oppure l'interruzione dell'attività respiratoria sempre durante la risalita, in particolare durante gli ultimi metri prima della superficie, e la conseguente dilatazione dell'aria contenuta nei polmoni col diminuire della pressione. Per quest'ultimo motivo uno dei principali insegnamenti che vengono forniti al corso per ottenere il brevetto di sub è quello di non rimanere mai in apnea sott'acqua, specialmente durante la fase di risalita.
L'embolia gassosa arteriosa si manifesta solitamente in forma improvvisa una volta raggiunta la superficie o anche pochi attimi prima di aver terminato la risalita. I sintomi consistono in vertigini, disorientamento, dispnea, disturbi cardiaci, pallore, cianosi e visione offuscata. È possibile che il sub appena emerso avverta un forte dolore al petto durante la risalita, sintomo della rottura del tessuto polmonare. Inoltre, dato che il sub solitamente effettua la risalita tenendo la testa verso l'alto, le bolle all'interno dei vasi sanguigni andranno verso le porzioni più elevate dell'organismo. Questo meccanismo spiega la prevalenza di segni e sintomi neurologici da coinvolgimento del Sistema Nervoso Centrale: sanguinamento dal cavo orale o epistassi, astenia, paralisi, perdita di coscienza, convulsioni, arresto respiratorio e, nei casi più gravi, morte.
In caso di presentazione dei sintomi dell'embolia gassosa arteriosa la terapia è uguale a quella della malattia da decompressione, ovvero somministrazione precoce di ossigenoterapia ad alti flussi ed elevata FiO2 e trattamento in camera iperbarica, quest'ultimo effettuato seguendo apposite tabelle da decompressione.
Il principale metodo per evitare l'embolia gassosa arteriosa è quella di non interrompere la respirazione (soprattutto l'espirazione) durante la fase di risalita. Questo fenomeno si spiega attraverso una delle molteplici leggi che regolano la pressione, ovvero la legge di Boyle-Mariotte. Questo principio afferma come la pressione da 0 a 10 metri di profondità passa da 1 a 2 bar: durante la fase di risalita da 10 metri alla superficie dell'acqua, l'aria contenuta nei polmoni si espande aumentando del doppio il suo volume, causando il barotrauma con conseguenti lacerazioni degli alveoli polmonari.
Alcuni soggetti, inoltre, sono particolarmente esposti a questa patologia per condizioni patologiche pre-esistenti che causano di per sé l'incarcerazione dell'aria in circoscritte aree polmonari. Si pensi difatti ai soggetti con bronchite, asma o con malformazioni anatomiche. Per questo motivo si rende necessario immergersi in acqua in una buona condizione di salute e sottoporsi a continui controlli medici.
Un particolare caso in cui può presentarsi questa grave patologia è quello dell'apneista. Solitamente, chi pratica apnea, durante le fasi di risalita è abituato ad espirare in modo tale da progressivamente bilanciare l'aumento della pressione polmonare durante la perdita di profondità. Nel caso in cui, però, inspiri aria compressa offerta da un sub munito di autorespiratore in profondità ed effettui la risalita, per sua forma mentis, senza espellerla completamente, ecco che si può presentare questa grave sindrome.
Quando viene respirato in superficie, l'azoto disciolto nell'aria non causa nessun effetto sulle nostre capacità e sui nostri livelli di attenzione; una volta in profondità, però, può diventare tossico e porre a serio repentaglio la sicurezza dell'immersione. In particolare, l'intossicazione da azoto non è pericolosa di per sé per la salute, ma di fatto "ubriaca" il sub diminuendo la sua capacità di giudizio e rendendolo più spericolato e distratto, come se fosse sotto gli effetti di una sostanza stupefacente. Questi effetti aumentano man mano che l'immersione aumenti di profondità mentre, viceversa, regrediscono mentre si effettua la risalita.
Per questo motivo è bene aumentare l'attenzione e la cautela specialmente quando si raggiungono profondità superiori ai 30 metri e, nel caso in cui si presentassero i primi sintomi, per diminuirne gli effetti è sufficiente raggiungere una quota lievemente meno profonda (a volte bastano uno o due metri).
Per effetto della fisica che regola la distribuzione dei gas, l'aria respirata attraverso l'erogatore tende a raggiungere, oltre ai polmoni, anche tutte le altre cavità aperte del nostro organismo, compensandole in modo spontaneo. L'unica eccezione a questa legge è rappresentata dall'orecchio medio, porzione anatomica che necessita di essere compensata in modo forzato per aprire le trombe di Eustachio, evitando in questo modo problematiche anche serie all'apparato uditivo.
Per questo motivo è fondamentale imparare ad effettuare questa compensazione; non è difatti possibile intraprendere l'attività subacquea senza praticare questa manovra. Ciò lo si deve in quanto se all'interno dell'orecchio medio non si stabilisce una forza pari a quell'esterna, la membrana timpanica sarebbe spinta violentemente verso l'interno, con conseguente gravissima rottura. Le manovre di compensazione devono essere dunque effettuata nel momento stesso in cui inizia la discesa ed essere ripetute a regolari intervalli sino al raggiungimento della massima quota.
Esistono tre tecniche di compensazione, ovvero le manovre di:
La vertigine alternobarica è solitamente causata da una differenza di pressione tra le due cavità dell'orecchio, condizione che porta a uno squilibrio vestibolare. Può presentarsi sia in discesa che in risalita e, a meno di traumi più gravi, rappresenta un fenomeno di breve durata.
Il principale sintomo è rappresentato dalle vertigini, che possono essere anche di forte entità; nei casi più gravi può manifestarsi anche ipoacusia).
Tale condizione è però transitoria, in quanto si risolve interrompendo la discesa o, nel caso della risalita, è solita scomparire in 15 minuti circa.
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