Silvia Ortombina assieme a Riccardo Fabbriconi, meglio noto come Blanco
Il mantello di seta e la camicia di ruches di Blanco sulle scale dell’Ariston resteranno negli annali della storia dello spettacolo quanto la foto del primo premio del Festival di Sanremo stretto insieme a Mahmood. Perché sebbene l’immagine non faccia il monaco, lo rappresenta tantissimo. A creare gli outfit di Blanco (ben da prima dell’ultimo Sanremo) è Silvia Ortombina, classe 1982, di Peschiera del Garda, in provincia di Verona . «Io seguo Ricky (al secolo Riccardo Fabbriconi, meglio noto come Blanco) da settembre 2020, da quando aveva solo 10mila follower. Mi aveva chiamata per lui Anna Brioschi e ci siamo trovati fin da subito : è come una formula che si combina bene e fa sì che le cose prendano un corso naturale. Insieme facciamo considerazioni, parliamo, ricerchiamo e, di colpo, l’immagine prende forma».
Il rapporto con la maison Valentino
Blanco è stato il primo artista italiano a partecipare con Valentino per Boiler Room (piattaforma di musica indipendente), dimostrando di rappresentare la voce della nuova generazione di talenti musicali italiani: «il rapporto con la maison Valentino è iniziato lì . Quando si subodorava il festival, sapevamo che la nostra collaborazione sarebbe stata con un top brand» continua Silvia, parlando sempre al plurale, con quel “noi” che sottolinea le giornate trascorse gomito a gomito, tra brainstorming, tessuti e prove. «Il viaggio alla ricerca di quello che sarebbe il nostro Sanremo è partito a metà dicembre , con gli scatti promo. In quel momento noi abbiamo deciso che Pierpaolo Piccioli ci avrebbe aiutato in quest’avventura. A questo punto ho preso gli elementi che rendono iconografica una collezione e li ho trasferiti nel moodboard dell’artista . Uno degli statement di Valentino è il mantello: io ho messo insieme tutti i modelli usciti negli ultimi anni e, insieme a Riccardo, ho cercato di capire quello che poteva fare al caso nostro. Quando l’artista li coglie, si sviluppano insieme al direttore creativo».
Il celebrity styling è molto diverso, oggi, dall’impronta Anni Novanta, «quando l’artista era un giullare di corte a cui si diceva “mettiti questo” e stop. Si è rigenerata l’immagine dell’artista e Blanco è vero, autentico, reale. Non è costruito . Ecco perché siamo partiti da lui, dalla sua musica, dal suo sentirsi bene e a suo agio mentre canta sul palcoscenico. Non poteva avere troppe sovrastrutture, quindi no giacche, cravatte e lustrini. La forza di un artista non sta nell’effetto wow , che è a breve termine, ma nel trovare un’immagine incisiva, tornando sugli stessi colori e stessi materiali, in grado di rendere il suo stesso nome un brand. Ad esempio, per Riccardo abbiamo usato lo stesso taglio di pantaloni più volte . Con Pierpaolo (Piccioli, stilista di Valentino, ndr ) l’abbiamo chiamato «modello Blanco» che non so, magari entrerà in commercio. Non serve chissà cosa, ma solo trovare la soluzione giusta e portarla avanti».
Moda, una questione di famiglia
Per la terza serata all’Ariston, l’outfit celeste di Blanco era firmato The Attico : «volevo fare una cosa diversa – precisa – volevo trovare un’espressione nuova e ho chiesto a Gilda Ambrosio e Giorgia Tordini, che per la prima volta hanno vestito un uomo. Esprimere la semplicità era uno dei nostri scopi ». Facile a dirsi, ma difficilissimo a farsi, ecco perché si sono già rivolti a lei artisti del calibro di Salmo, Coez, Elodie, ma anche Laura Pausini, Francesco Renga, Eros Ramazzotti e tanti altri. «Ho sempre respirato la moda, perché mia madre preparava abbigliamento tecnico – ricorda –. Fino alla fine degli Anni Ottanta, preparava divise per le Olimpiadi, lavorava conto terzi per La Standa, Brugi, Belfe. Mia nonna lavorava a maglia e mio zio lavorava in Puma. Si parlava sempre di moda a tavola ».
Il lavoro nei videoclip musicali
Dopo uno stage di quattro mesi in una casa di produzione molto famosa, ha capito che lo styling sarebbe stata la sua strada. «Lavoravo per i videoclip musicali , ecco perché ho collaborato col 90% degli artisti italiani, iniziando dai piccolissimi gruppi emo, passando per i Dari, i Matrioska, Sud Sound System, fino alle collaborazioni più lunghe con Machete Crew, di cui fa parte Salmo . Con lui ho lavorato per dieci anni e ora sono art director del suo marchio Doomsday. A Salmo piace la lavorazione customizzata del denim, che è uno dei miei punti di forza in assoluto». La Bibbia di Silvia Ortombina è il custom , sempre, ovvero l’unicità che rende unica la personalità, sfociando in un brand. «Dieci anni fa ho fondato Tiny Idols, perché a un certo punto ho sentito l’esigenza di non essere solo una freelance che mette a disposizione le sue competenze, ma di ampliare l’offerta. Dopo tanti anni nel mondo della moda, ora posso fungere da agenzia per far confluire le richieste di artisti e aziende».
La sua impronta anche al Super Bowl
Mentre parliamo, da qualche ora è passato il Super Bowl, dove Silvia Ortombina ha collaborato con Pablo Patané allo spot 2022 diretto da Floria Sigismondi : «Insieme a Patané abbiamo messo insieme una squadra di top player dei laboratori italiani, dalla miglior sarta della Scala alla miglior make-up artist prostetica dell’Arena di Verona. Da ogni collaborazione nasce sempre qualcosa di nuovo ». Neanche il tempo di fermarsi un attimo perché «adesso stiamo lavorando ai prossimi step – conclude – sto lavorando al Blanco Blu Celeste Tour (che partirà il 3 aprile dal Gran Teatro Geox di Padova, ndr ) con 35 look: uno diverso per ogni data con tantissimi custom dedicati».
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