Vendevano acqua rubata da un idrante antincendio: denunciati padre e figlio - QuiCosenza.it

2022-06-18 02:54:40 By : Ms. chen yee

CROTONE – Sono stati sorpresi dai carabinieri a rubare acqua da un idrante di emergenza antincendi del Comune. E’ accaduto a Cutro, nel Crotonese, dove due persone, padre e figlio, rispettivamente di 63 e 31 anni, sono stati denunciati a piede libero dai militari per furto aggravato. Nel corso di un servizio di controllo del territorio, i carabinieri li hanno sorpresi mentre, con due cisterne in plastica asportavano 2.000 litri di acqua dall’idrante di emergenza destinato ai mezzi antincendio. Si è poi scoperto che i due uomini andavano in giro per Cutro, che in questi giorni ha registrato una gravissima emergenza idrica, e vendevano l’acqua porta a porta. Sono stati posti sotto sequestro le cisterne e la manichetta usata per attingere l’acqua dall’idrante.

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Occhiuto prova il tutto per tutto per cercare di arginare quello che da anni è una vera e propria piaga di tutta la fascia tirrenica calabrese: il mare inquinato

COSENZA – San Nicola Arcella, Belvedere, Sangineto, ma anche Briatico, Ricadi e Tropea, la perla della Calabria. La maladepurazione non risparmia neanche le località più belle del Tirreno calabrese. Dopo aver provato già a marzo ad arginare il problema, con una prima ordinanza che conferiva al Dipartimento Ambiente della Regione poteri straordinari sulla corretta gestione dei fanghi di depurazione, sottraendo di fatto ai Comuni la gestione degli stessi ed intimando loro di attuare, entro 90 giorni, gli interventi prioritari da attuare negli impianti di depurazione tra Tortora e Nicotera, Il presidente Occhiuto prova il tutto per tutto per cercare di arginare quello che da anni oramai è una vera e propria piaga di tutta la fascia tirrenica calabrese, che sta distruggendo l’immagine turistica di una Regione che invece dovrebbe averla per vocazione trasformandola in risorsa economica. “Madre natura ci ha donato un territorio bellissimo, 800 chilometri di costa: non possiamo permettere che i delinquenti continuino a inquinare il nostro mare” aveva chiosato il governatore nel commentare l‘operazione “Deep” dei Carabinieri contro i reati ambientali,

Mare sporco e inquinato dove addirittura c’è “un’eccezionale situazione di pericolo per la salute pubblica che non è diversamente fronteggiabile se non attraverso l’adozione di misure di carattere straordinario e derogatorio del vigente riparto delle competenze amministrative in materia”. Si legge questo nell’ordinanza firmata ieri sera del governatore, che ha deciso di mettere sotto commissariamento 14 impianti di depurazione delle più importanti e famose località marine del Tirreno, dalla provincia di Cosenza fino a quella di Vibo Valentia, affidandone la gestione al Corap, il Consorzio regionale per le attività produttive, affiche sovrintenda alle attività gestionali dei 14 depuratorie, per i quali sono state riscontrate criticità sul piano della gestione e del funzionamento, aiutando i Comuni e le società di gestione. Come detto sono addirittura 14 i depuratori  che saranno gestiti sotto commissariamento: San Nicola Arcella, Belvedere Marittimo, Sangineto, Guardia Piemontese, Fuscaldo, San Lucido, Belmonte Calabro, Nocera Terinese, Pizzo Calabro, Briatico, Zambrone, Parghelia, Tropea e Ricadi.

Una situazione disastrosa dove poco è stato fatto nell’ultimo ventennio per ammodernare impianti di depurazione vetusti, non in grado di gestire la mole di utenze soprattutto nei periodi estivi quando si registra un aumento esponenziale della popolazione dimorante sulla fascia costiera e che spesso finiscono sotto sequestro nelle inchieste della magistratura. L’analisi dei dati dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, colloca la Calabria tra le ultime regioni per produzione e trattamento di fanghi provenienti da acque reflue urbane, rapportata alla popolazione residente. Per comprendere l’entità del fenomeno, basta pensare che nel 2019, in Calabria sono state dichiarate 34.072 tonnellate di fanghi regolarmente trattati a fronte di una popolazione di 1.860.000 abitanti mentre sono state invece 90.660 le tonnellate dichiarate, sempre nel 2019, per 1.600.000 abitanti nella regione Sardegna e, ancora, 299.814 tonnellate di fanghi trattati dalla Puglia nello stesso anno a fronte di circa 4.000.000 di abitanti. In Calabria dovremmo depurare 36mila tonnellate di fanghi ma lo facciamo solo per 9mila. Significa che tutto il resto (circa 27mila tonnellate) finisce direttamente in mare.

Il risultato è pressoché scontato: i reflui non trattati, che sono il principale veicolo di inquinamento, finiscono in mare da corsi d’acqua e foci di fiumi a cui si aggiungono persone senza scrupolo che sversano illegalmente i fanghi dagli autospurgo. Ci sono aziende, stabilimenti balneari, frantoi, addirittura uffici pubblici che non sono collettati e che inquinano il mare. Per questo occorreranno risorse finanziarie per la costruzione e l’adeguamento dei depuratori e le procedure di collettamento. La presenza di batteri di origine fecale (enterococchi intestinali ed escherichia coli) è un marker specifico riscontrato ogni volta che viene interdetta la balneazione e dovuta alla scarsa o totale assente depurazione. Quasi il 90% degli agglomerati presenti in Calabria – aveva evidenziato nel suo report Legambiente – ricadono in procedura di infrazione per la depurazione: si tratta di 188 agglomerati non conformi con impianti che servono oltre 3,1 milioni di abitanti equivalenti. Per superare lo stato di infrazione sono stati messi in campo sostegni economici per gli investimenti infrastrutturali e strutture commissariali per supportare le amministrazioni locali, ma la situazione non è mai migliorata. Adesso l’ultima carta è il Consorzio, che si adopererà per “assicurare, anche tramite il conferimento di incarichi professionali, il supporto tecnico operativo necessario ad effettuare le attività relativi agli occorrenti interventi per assicurare l’ottimale funzionamento delle sezioni impiantistiche” e per “attivare le occorrenti iniziative acquisitive dei dispositivi necessari per il corretto funzionamento degli impianti, utilizzando le procedure negoziate previste a normativa vigente”.

Del ragazzo – sparito a Strongoli – non si hanno più notizie dal 2013. L’eco degli studenti del liceo Galileo Galilei a rompere il muro di omertà

(ANSA) – STRONGOLI, 17 GIU – “Aiutiamo mamma Anna ad avere notizie di suo figlio Gabriele – gli studenti del Liceo Galilei di Ancona”. C’è scritto questo sulle oltre 300 cartoline spedite dagli studenti del Liceo Galilei di Ancona ad altrettanti indirizzi di cittadini di Strongoli per chiedere di rompere il muro dell’omertà ed aiutare una madre ad avere notizie del figlio sparito nel nulla da 9 anni.

Le studentesse e gli studenti del Liceo Galilei di Ancona coordinati dai docenti Livio Martinangeli e Roberta Gambella, una volta tornati a scuola hanno deciso di aiutare Anna inviando oltre 300 cartoline scritte a mano ad altrettanti indirizzi di Strongoli trovati sui vari elenchi. Gli studenti ed i docenti hanno avviato una colletta per coprire le spese di affrancatura. “In queste ore – scrive crotonenews.com – oltre 300 famiglie di Strongoli si stanno vedendo recapitare queste cartoline, con la speranza che qualche coscienza possa essere toccata da questo gesto genuino ed emozionante, e possa fornire informazioni utili, anche in forma anonima, per il ritrovamento di Gabriele”.

Anna Dattilo, convinta ormai che suo figlio sia stato ucciso, nei suoi appelli chiede di poter trovare almeno i resti di Gabriele per dargli una degna sepoltura. “Chi sa parli, anche in forma anonima” hanno detto lo scorso 5 giugno nel Duomo di Strongoli il parroco, il sindaco Sergio Bruno e il coordinatore di Libera Crotone Antonio Tata. “Chi sa parli” è anche l’appello degli studenti del Galileo Galiei di Ancona.

La tragedia a Polistena, nel reggino, dove l’uomo stava svolgendo dei lavori nel terreno di sua proprietà. Inutili i soccorsi dei medici del 118

POLISTENA – L’ennesimo incidente causato da un mezzo agricolo. Stavolta a farne le spese un pensionato di 79 anni, G.D., morto stamani a Polistena dopo essere rimasto schiacciato da un muletto all’interno di un terreno di sua proprietà. Le cause sono in corso di accertamento. L’uomo, secondo una prima ricostruzione, stava facendo dei lavori per spostare del materiale all’interno di un capanno in Contrada Grecà, quando il mezzo si è ribaltato provocando la sua morte. Sul posto, oltre ai Carabinieri, è intervenuto personale del 118 che non ha potuto fare altro che constatare il decesso.

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